L’inflazione sta colpendo l’economia italiana sotto molti punti di vista. Le pensioni potrebbero essere le prossime a crollare.
Le pensioni stanno subendo dei terribili colpi dall’inflazione alta. La situazione non è critica soltanto per chi percepisce le prestazioni, ma per tutto l’impianto gestito dall’INPS. Le spese continuano a crescere le e questo avrà un effetto terribile sulle casse dello Stato.
Le previsione intorno alle pensioni negli anni avvenire si sta scontrando pesantemente con l’aumento del tasso di inflazione partito l’anno scorso. L’aumento dei prezzi di consumo è stato fin da subito un problema per le economie familiari che hanno subito un profondo attacco al proprio potere d’acquisto. Gli stipendi dei lavoratori hanno molto meno valore rispetto ai livelli pre-conflitto e con le pensioni le cose non migliorano. Nonostante il ricalcolo degli importi fatto ad inizio anno gli assegni pensionistici continuano ad essere troppo bassi per opporti all’inflazione in aumento.
Questo è solo uno dei problemi che stanno sorgendo dall’aumento del tasso di inflazione. Attualmente il tasso registrato è al 8,2% su base annua (dato registrato ad aprile), in crescita rispetto al 7,6% rispetto a marzo. Questo porta problemi a cascata, soprattutto sul lungo periodo, perché con le con le difficoltà finanziarie dei cittadini stanno aumentando le spese assistenziali dello Stato e di conseguenza le spese per tutto il resto devono abbassarsi. Una delle spese che potrebbe essere sacrificata sarebbe la previdenza sociale. Nel nostro paese ci sono moltissimi pensionati di cui tenere conto e la spesa per le pensioni sono già molto alte. Abbassarle, anche solo di poco, vuol dire togliere soldi a molte persone che ne hanno bisogno.
La preoccupazione del presidente dell’INPS Pasquale Tridico è che con la spesa delle pensioni in aumento nonostante i dati inflazionistici, i soldi per il settore possano finire molto prima di quanto ci si aspetti. Per il 2023 sono stati stanziati 22 miliardi di euro per la perequazione e 17 milioni di assegni. Una spesa così alta potrebbe non essere sostenibile a lungo nonostante i tagli alle pensioni di importo alto operate dal Governo. Secondo Tridico l’INPS potrebbe finire in rosso con il suo patrimonio netto di 92 miliardi di euro entro 6 anni.
In questa situazione la corsa verso il calcolo contributivo puro degli assegni pensionistici, più bassi di quelli con il calcolo retributivo o misto, diventa estremamente importante. Le misure di pensionamento anticipato come Opzione Donna o Ape Sociale, che prevedono un calcolo dell’importo della pensione mensile di tipo contributivo, aiutano ad effettuare questo passaggio. La stessa Quota 41 voluta dalla Lega per il 2024 non sarebbe sostenibile se non con un ricalcolo contributivo dell’assegno.
In questa discussione Tridico torna di nuovo sulla soluzione che aveva proposto ad inizio anno. Considerando che le pensioni con calcolo retributivo non spariranno del tutto prima di 10 anni, il presidente dell’INPS propone un sistema flessibile, con la pensione concessa in due tempi diversi.
La prima parte di rendita sarebbe liquidata subito al lavoratore che si ritira a 63 anni, ma a valere solo sui versamenti effettuati nel sistema contributivo. La seconda parte della pensione verrebbe erogata a partire da 67 anni e a valere in questo caso è la parte retributiva dei versamenti.
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