Da febbraio scatta l’aumento degli stipendi con il taglio cuneo fiscale
La crescita del tasso d’inflazione continua ad essere un problema anche in questo inizio del 2023. L’aumento generale dei prezzi non smette di farsi sentire sugli stipendi degli italiani. La perdita del potere d’acquisto sta avendo effetti negativi sui consumi e non solo.
Le famiglie spendono di meno perchè i prezzi anche dei prodotti di prima necessità è aumentato. Il caro vita sta impoverendo di fatto i lavoratori dipendenti i cui stipendi non sono cresciuti per niente negli ultimi anni rispetto alla media europea.
Il caro energia e delle materie prime ha peggiorato di fatto una situazione precaria esistente. Il diminuzione dei consumi ha costretto le imprese a diminuire l’offerta sul mercato con la conseguenza che il numero di persone disoccupate è aumentato. Per evitare che la situazione peggiorasse ancora di più, il Governo ha effettuato il taglio del cuneo fiscale che porterà ad un aumento stipendi generale.
Nel 2022 i prezzi al consumo registrano una crescita in media d’anno dell’8,1%, segnando l’aumento più ampio dal 1985 (quando fu +9,2%), principalmente a causa dall’andamento dei prezzi degli Energetici (+50,9% in media d’anno nel 2022, a fronte del +14,1% del 2021). Al netto di questi beni, lo scorso anno, la crescita dei prezzi al consumo è pari a +4,1% (da +0,8% del 2021). L’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili per tutto il 2023) è pari a +5,1%, più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu +1,8%.
Il taglio del cuneo fiscale che porterà più soldi in busta paga ai lavoratori sarà diverso in base ad alcuni parametri. Già dal mese di febbraio l’importo dello stipendio sarà superiore. Nel cedolino del mese di gennaio si potranno già notare gli aumenti, soprattutto per chi guadagna fino a 1.923 euro mensili, e ha diritto ad una riduzione di tre punti dell’aliquota contributiva. Diverso il discorso per chi ha una retribuzione superiore, fino a 2.692 euro, su cui si conferma lo sgravio di due punti che era già stato annunciato nel 2022: fino a 54 euro lordi. In definitiva chi guadagna 10mila euro lordi l’anno avrà 20 euro in più al mese in busta paga. Chi invece ne percepisce 15mila circa 29 euro al mese mentre per i lavoratori fino a 20mila euro lordi avranno 33 euro in più. Altra novità importante, contro il caro vita, è l’estensione del bonus 150 euro anche per tutti i lavoratori autonomi.
Il taglio delle imposte sugli stipendi dà una leggera boccata d’ossigeno ai lavoratori dipendenti anche se dobbiamo dire con franchezza che questi aumenti sono davvero minimi. Pur volendo apprezzare la manovra del Governo Meloni bisogna dire che questo taglio del cuneo fiscale consegna le briciole ai lavoratori. Non è certo con 20,30 oppure 40 euro al mese che un nucleo familiare può guadagnare il potere d’acquisto perso causa inflazione. Piuttosto servirebbe introdurre il salario minimo garantito che in Italia ha trovato non poche opposizioni. Solo con il salario minimo si darebbe dignità ai lavoratori costretti, causa aumento prezzi, a lavorare sempre di più per avere stipendi spesso sotto la soglia minima.
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