I prezzi del carburante possono riprendere a salire vertiginosamente dal prossimo 5 febbraio. Ecco cosa succederà a partire da questa data e quali potrebbero essere le conseguenze per l’Unione Europea e l’Italia.
Le associazioni di categoria Faib, Fegica e Figisc/Anisa hanno improvvisamente deciso di revocare lo sciopero dei benzinai previsto per il 25 e 26 gennaio. Dopo una sola giornata di chiusura di tutti i distributori, compresi anche i self-service e le pompe in autostrada, i lavoratori hanno riaperto le loro stazioni di rifornimento.
Come ha riportato SkyTG24, la scelta è stata presa per venire incontro agli autisti: sono loro infatti ad aver subito i maggiori disservizi. L’annuncio è arrivato dopo un incontro con Adolfo Urso. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy si è detto contento del gesto delle associazioni di categoria, che hanno così confermato l’intenzione di continuare a dialogare.
Carburanti, attenzione ai prezzi dal prossimo 5 febbraio
A partire dal prossimo 5 febbraio entrerà in vigore il divieto di importazione del petrolio russo via mare in tutta l’Unione Europea. Come evidenziato da Bloomberg, nella prima metà di gennaio la UE ha importato oltre 600.000 barili al giorno dalla Russia. Si tratta di un quantitativo superiore sia alle importazioni medie, sia allo stesso periodo del 2022.
Questo dato farebbe presumere che i paesi UE stiano facendo scorta proprio in vista dell’entrata in vigore del nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, che si aggiunge a quelle già in vigore e rinnovate su base semestrale. Si stanno dunque rapidamente diffondendo i timori riguardo le modalità con cui l’Unione Europea potrà sostituire il petrolio russo.
La dipendenza dell’Unione Europea dal petrolio russo
Il think tank norvegese Rystad Energy aveva lanciato l’allarme già a maggio 2022. In Europa la domanda di diesel e gasolio è fra i 6 ed i 7 milioni di barili al giorno. QuiFinanza sottolinea i timori secondo cui ci potrebbe essere all’improvviso una carenza di circa il 7-8% del carburante necessario alle aziende ed ai cittadini della UE.
Nonostante l’Unione Europea si sia rivolta a paesi come la Cina e l’India cercando di sopperire alle forniture della Russia, sembrerebbe infatti che non sia riuscita a sostituire pienamente la fornitura. Inoltre, i prezzi del petrolio russo sono più bassi degli asiatici. Si sospetta inoltre che alcuni paesi potrebbero comprare il petrolio in Russia per poi rivenderlo all’Europa a prezzi nettamente superiori per aggirare le sanzioni.
La situazione dell’Italia e perchè altri paesi UE potrebbero causare uno shock
Fino a giugno 2022 l’Italia dipendeva dal diesel russo solamente per il 5%. A partire da luglio 2022, questa quota è stata completamente azzerata. Abbiamo ben 13 impianti di raffinazione che ci rendono quasi completamente autonomi. La nostra capacità produttiva teorica è di 88 milioni di tonnellate, ed il consumo interno è di circa 55 milioni di tonnellate.
Per quanto riguarda la dipendenza dal gasolio russo, la vendita dello stabilimento della Lukoil di Priolo a Goi Energy dovrebbe aver eliminato i problemi insorti con le sanzioni della UE. La Germania, invece, dipende al 30% al gasolio russo: questo significa che potrebbe creare uno shock al mercato interno italiano facendo offerte di acquisto più vantaggiose.