Nel 2023 chi accederà alla pensione contributiva potrà avere un “premio” del 3%. Ecco di cosa si tratta e con quali requisiti si può ottenere.
Nel 2020 l’aspettativa di vita in Italia è diminuita. Le cause non sono state investigate ufficialmente, ma le zone più colpite dal Covid sono quelle che hanno registrato i dati di mortalità più alta. Ad esempio, a Bergamo nel 2020 l’aspettativa di vita media è scesa a 79.3 anni. Dopo solo 12 mesi è risalita a 83.3 anni, un valore molto simile al 2018.
Il nato nazionale del 2021 riguardo l’aspettativa di vita conferma che per le donne si attesta ad 84.7 anni, mentre nel 2020 era di 84.5 anni. Per quanto riguarda gli uomini, nel 2020 l’aspettativa di vita era di 79.8 anni, ed un solo anno dopo è passata a 80.1 anni. Il dato medio è dunque di 82.4 anni per il 2021, mentre nel 2020 era di 82.1 anni.
Pensione, ecco perchè nel 2023 conviene fare domanda
Conoscere l’aspettativa di vita media italiana è molto importante quando si parla di pensioni contributive rivalutate annualmente in base all’andamento del PIL. Chi ha questo regime pensionistico, si trova ad avere un montante, che è composto dai versamenti effettuati e dagli interessi maturati, che aumenta di anno in anno.
Nel momento in cui si deciderà di andare in pensione, al montante saranno applicati i coefficienti di trasformazione. Si tratta di alcuni parametri fissati dal governo di anno in anno che sono estremamente importanti, perchè di fatto decideranno quanto sarà ricca la pensione che si andrà a percepire con il regime contributivo.
Pensione, i coefficienti di trasformazione ed il ‘premio’ per il 2023
I coefficienti di trasformazione servono a distribuire la pensione contributiva in base all’aspettativa di vita media. Questo significa che, al dipendente che andrà in pensione anticipata, si corrisponderà mensilmente un assegno pensionistico molto più contenuto rispetto a quello che avrebbe potuto percepire ritirandosi dal lavoro qualche anno dopo.
L’innalzarsi della mortalità nel 2020 ha fatto scendere l’aspettativa media di vita in Italia. Per questo motivo, chi è andato in pensione a fine 2022 prenderà un assegno pensionistico più alto del 3% rispetto ad un lavoratore che presenta le sue medesime condizioni, ma ha fatto la domanda di pensione nel 2022.