Il Governo studia Quota 41 secca per tutti ma non mancano le difficoltà
Quota 41 secca per tutti. Questo è l’obiettivo del Governo per il biennio 2023-24. Lo ha affermato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon in una intervista rilasciata al quotidiano Repubblica. In Italia urge come non mai una riforma del sistema pensionistico. Quello attuale risulta essere inadeguato oltre che molto dispendioso per le casse dello Stato. Il rischio di vedere tutto in default resta alto così come quello di avere una media età sempre più alta dei lavoratori nel settore pubblico e privato.
Il nuovo Governo di centrodestra per il 2023 ha varato solo alcuni requisiti per quanto riguarda Opzione Donna e Quota 103. Una sorta di contentino se guardiamo a cosa serve per davvero. Va detto però che l’esecutivo non ha avuto il tempo materiale per fare altro. L’intento era quello di scongiurare a tutti i costi il reintegro della Legge Fornero che avrebbe impoverito non poco i nuovi pensionati. La quota 41 per tutti sarebbe, secondo il centrodestra, un modo definitivo per dare una svolta definitiva sulle pensioni anticipate in modo da liberare posti di lavoro per giovani.
Quota 41 per tutti
L’obiettivo dell’esecutivo è quello di introdurre quota 41 per tutti. Lo ha dichiarato Claudio Durigon in una intervista a Repubblica qualche giorno fa: “Il 19 gennaio cominceremo a parlarne con i sindacati. Bisogna mettere tutte le vie d’uscita a sistema, intervenire in modo strutturale. Dare certezze ai giovani che hanno buchi di contribuzioni in carriera, anche defiscalizzando le aziende che li coprono. Aiutare le donne e madri. E introdurre Quota 41 secca”.
L’intento è quello di arrivare a Quota 41 in forma “secca”, garantendo le uscite con 41 anni di versamenti a prescindere dall’età anagrafica entro la fine della legislatura, possibilmente tra il 2025 e il 2026. Nel frattempo verrebbero adottate quote flessibili partendo da un’età minima di 62-63 anni e sarebbe incentivato il ricorso alla previdenza integrativa con un alleggerimento dell’attuale tassazione.
Secondo le prime indiscrezioni sulle stime dei costi relativi alla pensione Quota 41, l’esborso statale sarebbe pari a poco meno di 5 miliardi di euro per il primo anno. Ma la riforma arriverebbe a costare circa 9 miliardi dopo una decina d’anni, per un totale di 65 miliardi di euro fino al 2033. Proprio sui costi della riforma si sta discutendo molto. Le casse dello Stato non possono permettersi ad oggi una manovra di tale portata. Bisogna necessariamente reperire altri fondi oppure effettuare dei tagli sulla spesa pubblica. Ma il gioco vale la candela? Secondo alcuni esperti del settore la quota 41 per tutti sarebbe soltanto uno spreco di denaro perché non risolverebbe per niente il problema.
Anzi l’uscita anticipata dal lavoro rappresenterebbe solo un aggravio importante del deficit dello Stato e manderebbe in grande difficoltà i conti dell’INPS. Si può dichiarare senza dubbio che anticipare il momento della pensione per i più anziani non garantisce la sostituzione sul mercato del lavoro da parte dei giovani: nel caso di Quota 100, per ogni due lavoratori andati in pensione con la misura, è entrato sul mercato del lavoro un solo nuovo lavoratore (peraltro non necessariamente giovane), determinando un calo dell’occupazione.