In Italia si è venificata una rapida corsa al pellet, visto che sembra uno dei pochi mezzi con cui sia possibile risparmiare sulle bollette del gas questo inverno. Il riscaldamento è una preoccupazione costante, ma se ci si prende un attimo per ragionare possiamo scoprire che le stufe a pellet non sono così economiche.
Il caldo anomalo di queste prime settimane autunnali hanno fatto in parte dimenticare quanto sia impellente il pericolo di cosumi altissimi durante l’inverno del 2022. Il caro bollette ha costretto moltissimi a cambiare strategia per trovare una via alternativa per scaldarsi senza consumare gas o elettricità. In tantissimi in Italia si sono rivolti al pellet.
Le stufe a pellet appaiono come un’alternativa solida ed economica per riscaldare le proprie case durante i mesi invernali, eppure le cose non stanno andando esattamente come previsto. Le vendite delle stufe a pellet sono schizzate alle stelle subito dopo le prime avvisaglie dei problemi che il consumo di gas avrebbe provocato una volta sopraggiunto il freddo. Tuttavia l’altissima domanda di stufe e combustibile pellet hanno fatto alzare i prezzi anche di queste ultime.
La legge del mercato non perdona. Quando la domanda di stufe a pellet e relativo combustibile è aumentata, di pari passo sono aumentati i prezzi. Se all’inizio della crisi un sacco da 15 kg di pellet era venduto a 5 euro l’uno, oggi il prezzo è salito a 12 euro. Le prospettive in tal senso non sono delle migliori, visto che, con il sopraggiungere dei primi freddi, si prevede un aumento ulteriore della domanda di stufe e di pellet, aumentandone di conseguenza il prezzo.
Un ulteriore problema che incide sul prezzo del pellet in Italia è che la produzione nazionale di tale risorsa è estremamente misera. Attualmente in Italia vengono prodotte circa 450.000 tonnellate di pellet, a fronte delle 3,35 milioni di tonnellate che ne vengono consumate nel nostro paese. Il restante materiale deve obbligatoriamente essere importato da altri paesi, in primis dalla Francia. Questo aggiunge altri costi che si sommano a quello che il consumatore andrà poi a spendere.
Su questo fronte rimaniamo fortemente dipendenti dalle importazioni dall’estero, sia per quanto riguarda il gas, che per quanto riguarda eventuali forme alternative di riscaldamento.
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