Le bollette spezza-aziende non sono più una paura lontana, ma una realtà concreta. Le bollette di luglio spaventano gli imprenditori, che di fronte al collasso preferiscono chiudere le attività.
Sono tanti i settori ad essere stati indeboliti dal rincaro delle bollette, ma mai come in questi mesi. Molte aziende sono state spaventate dalle bollette arrivate per il mese di luglio, il più caro per quanto riguarda i pagamenti dei consumi elettrici. Alcune aziende particolarmente necessitanti l’energia elettrica hanno dovuto pagare milioni di euro.
Non c’è quindi da stupirsi se, dopo un conto nelle proprie tasche, alcuni imprenditori decidano di chiudere le attività. Per molti si tratta di una scelta obbligata, in quanto non più in grado di sostenre i costi di produzione dei loro prodotti. Le scelte sono alzare i prezzi dei prodotti oltre l’ammissibile, col rischio di non vendere, o chiudere l’attività.
Un esempio in questo senso arriva da un’azienda tessile Tirso, con sede a Muggia (Treviso). L’azienda, molto attiva e che conta 270 dipendenti, ha dovuto chiudere i battenti dopo l’arrivo della bolletta di luglio. A fronte di bollette di circa 350.000 – 400.000 euro fino all’anno scorso, l’ultima bolletta della luce arrivata all’azienda chiedeva una somma pari a 1,6 milioni di euro. La decisione di chiudere lo stabilimento è scattata immediatamente, in previsione di quanto rimanere aperti avrebbe danneggiato l’azienda. Si tratta però di un forte segnale d’allarme per la zona di Treviso, già martoriata dalla numerose chiusure di attività commerciali nel corso degli ultimi anni. Per quanto riguarda i lavoratori, la Triso ha per il momento richiamato delle ferie forzate con tempo da 2 a 4 settimane, in modo da rimandare la decisione finale quanto più possibile.
Intanto è stato chiamato un tavolo di trattative tra l’azienda e la Regione Fvg per trovare una soluzione alla situazione precaria dei dipendenti della Tirso. Secondo quanto trapelato dai primi contatti, i dirigenti della Tirso vorrebbero fare quanto possibile per non chiudere lo stabilimento, ma il problema del costo dell’energia è al momento insostenibile e l’azienda richiestebbe gravi danni economici restano aperta ad oltranza. A preoccupare i sindacalisti della NldiL CGIL sono i 60 tra lavoratori e lavoratrici assunti con contratto di somministrazione, sia a tempo determinato che indeterminato.