A rischio le buste paga per il prossimo 2023: lo Stato dovrà rischiare una manovra da miliardi per salvaguardare i guadagni dei cittadini.
Il 2022 non è ancora finito ma cresce già la preoccupazione per le buste paga del 2023, che rischiano di essere più magre rispetto a quelle dell’anno corrente. Cosa sta succedendo?
Ebbene questo è stato l’anno dei bonus, indetti dallo Stato per cercare di aiutare i cittadini in questo periodo di rincari mai registrati da decenni. I primi aiuti sono arrivati con la legge di Bilancio del 2022 e poi con il decreto Aiuti e Aiuti-bis.
Questi avevano confermato uno sgravio fiscale del 2% su tutte le buste paga, alleggerendo così la tassazione sugli stipendi dei dipendenti. Ciò è stato applicato soltanto a quei soggetti che percepiscono un reddito annuo inferiore ai 35 mila euro lordi.
Le agevolazioni fiscali, insieme agli altri bonus e ai piccoli tagli sul costo dell’energia, sono riusciti a mantenere un minimo di potere d’acquisto dei salari, che rischiava di azzerarsi con l’inflazione all’8%.
Tuttavia la manovra è stata dispendiosa per le casse dello Stato e non è chiaro se il prossimo nuovo Governo riuscirà a riconfermare il tutto. Se si riportasse l’aliquota contributiva al vecchio 9,19% gli stipendi del prossimo anno si abbasserebbero.
Ad aggravare la situazione è anche la riforma fiscale che ha abolito l’erogazione dell’ex bonus Renzi, ora accessibile soltanto a chi ha un reddito inferiore ai 15 mila euro annui.
Nella peggiore delle ipotesi, senza lo sconto contributivo del 2%, uno stipendio di 2.000 euro perderebbe circa 40 euro al mese rispetto all’importo odierno, e così in percentuale per tutti gli altri stipendi.
Come già discusso, il problema sono i fondi; lo Stato avrebbe bisogno di altri 4,5 miliardi di euro per riconfermare la manovra anche per il 2023 ed è probabile che questi soldi saranno invece usati per la rivalutazione delle pensioni a Gennaio 2023.
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