Gli ultimi interventi di Mario Draghi prima di lasciare Palazzo Chigi fanno discutere fino all’ultimo. Adesso il premier firma un cambio di statuto che si rivela un regalo alle banche.
L’anima da banchiere di Mario Draghi non lo ha ancora abbandonato. Anche nelle vesti del presidente del consiglio dei ministri italiano, Mario Draghi continua a fare gli interessi dell’economia che lui predilige. Ecco quindi che nei suoi ultimi giorni come premier, Draghi firma una modifica allo statuto di Bankitalia. Questo, di fatto, diventa un regalo del premier alle banche italiane.
La Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico il cui capitale risulta diviso in 300.000 quote. Fino al 2014, ogni quota valeva 0,52 euro. Per cui l’intero capitale ammontava a 156.000 euro. Una cifra estremamente bassa. Proprio nel 2014, sotto il Governo Letta, venne fatta una rivalutazione del capitale al 7,5%. Con la stessa legge venne anche fissato al 3% il massimo di quote che è possibile detenere. Quindi da questo momento nessuno dei soci di Banca d’Italia poteva avere più di 9.000 quote della società, pena l’esclusione dal diritto di voto in assemblea.
Quella rialutazione fu accolta con grosse critiche dagli operatori. Mise le banche italiane in una buonissima posizione, potendo vendere le azioni a prezzi molto superiori al normale. In questo modo si crearono delle plusvalenze che resero molti profitti alle banche stesse. Allo stesso tempo anche i dividendi massimi distribuiti ai soci potevano salire. Essendo il massimo fissato al 6% del capitale, Bankitalia può oggi distribuire fino a 450 milioni di euro in cedolole. Un bel regalo, quindi, a cui si aggiunge quello di attuale di Mario Draghi.
Andando a mettere le mani sulla modifica di Letta, Draghi alza la quantità di quote detenibili da ogni socio di Bankitalia dal 3% al 5%. Questo significa che ogni socio può possedere finoa 15.000 quote. Questo va a premiare i soci che hanno continuato a detenere quote in eccesso rispetto ai limiti fissati nel 2014. Nella fattispecie:
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