Con l’approvazione, nella giornata del 4 agosto, del decreto aiuti bis, Draghi lancia la sua sfida a Francia e Germania. Secondo il premier la crescita dell’Italia sarà maggiore di quella dei due maggiori paesi dell’UE grazie agli investimenti dello Stato.
In una conferenza stampa che ha seguito il voto di approvazione alla Camera del decreto aiuti bis, Mario Draghi ha annunciato lo stanziamento dei fondi per gli aiuti del decreto. Si tratta di uno stanzamento per 17 miliardi di euro, che seguono i 35 miliardi già stanziati nel resto del 2022. Secondo il premier, questi investimenti ci permetteranno di recuperare la nostra crescita economica più di Germania e Francia.
Il decreto aiuti comprende una serie di misure di assistenza a famiglie e imprese, assistenza quasi necessaria viste le condizioni in cui versa la nostra economia. La prima misura prevista è il taglio del cuneo fiscale. Per cuneo fiscale si intende la differenza tra importo lordo e importo netto dello stipendio di un lavoratore. In pratica si tratta di tutto l’agglomerato di tasse da pagare che fanno in modo che una parte dei nostri soldi vadano nelle tasche dello Stato. Tramite il decreto aiuti bis si vuole tagliare una parte di queste tasse, in particolare i contributi previdenziali. In questo modo il guadagno netto dei lavoratori ad ogni busta paga risulterebbe maggiore.
Il taglio influenzerebbe le buste paga dei lavoratori con un reddito non superiore a 35.000 euro all’anno, lo stesso limite di reddito richiesto per il bonus una tantuma da 200 euro. Il taglio del cuneo fiscale è inteso proprio come una sostituzione del bonus voluto da Draghi, o per meglio dire, un modo per rendere quel bonus inutile. Benché la situazione sia ancora in divenire e il Governo e i sindacati debbano ancora discutere, la probabilità più alta è quella di un taglio dei contributi per una percentuale inclusa tra lo 0,8% e l’1%. Questo andrebbe ad aggiungersi all’ultieriore sconto sui contributi previdenziali previsto per settembre, pari allo 0,8%.
Attualmente i contributi dei lavoratori sono detratti automaticamente dalla busta paga del lavoratore e pagati all’INPS per una parte dal datore di lavoro e per una parte dal lavoratore stesso. Insieme, questo da un totale di circa il 33% dello stipendio mensile totale, con la quota del lavoratore che è pari al 8,8% nel settore pubblico e al 9,19% nel privato. Facendo un esempio pratico, un lavoratore con uno stipendio lordo di 2.000 euro al mese, calcolando un taglio del 1,8% sui contributi, vedrebbe il priorio stipendio netto aumentare di circa 36 euro. Ovviamente, essendo un taglio in percentuale sullo stipendio, chi ha uno stipendio più basso vedrà un aumento minore rispetto a chi ne ha uno più alto.