Sta prendendo forma il Decreto Aiuti bis: previsti novità ed anche altri tagli
La caduta del Governo Draghi, con elezioni fissate al 25 settembre, ha interrotto i lavori sul “Decreto Aiuti bis”. Inizialmente i fondi stanziati erano 25 miliardi di euro. Tra le misure previste c’era la proroga del bonus 200 euro ed il taglio dell’Iva e delle accise. Con il Governo incarica solo per le attività correnti, questo importo iniziale verrebbe più che dimezzato scendendo a 10 miliardi. A questo punto sono a rischio molte proroghe anti-crisi che per adesso stanno dando una mano agli italiani.
Mentre fervono i preparativi per la campagna elettorale, il Consiglio dei Ministri è al lavoro per portare a termine (sempre rispettando il limite gestione affari correnti) di quelle riforme necessarie per evitare un autunno molto caldo ad imprese e famiglie. Al momento non ci sarebbe la certezza della proroga bonus 200 euro per i lavoratori esclusi dal primo Decreto o che siano in condizioni economiche difficili. Le forze politiche stanno però ragionando sull’ipotesi di poter far rientrare nel bonus anche chi per adesso verrebbe escluso.
Lo sconto di 30 centesimi in scadenza il 2 agosto è stato rinnovato fino al 21 per i carburanti. Anche questa è una soluzione a tempo perchè bisognerà trovare un’altra proroga a fine estate per scongiurare altre problematiche. Stesso discorso vale il taglio degli oneri di sistema caricati sulle bollette di luce e gas, che rimane in vigore fino al 30 settembre.
Per quanto riguarda la rivalutazione delle pensioni, il governo prevede di far entrare in vigore gli aumenti già a settembre, coprendo così gli ultimi 4 assegni dell’anno in corso più la tredicesima.
Nei mesi passati le previsioni per il 2023, a fronte di un’inflazione destinata ad arrivare a fine anno al 6,8%, parlavano di un costo nell’ordine di 10-12 miliardi di euro. L’anticipo potrebbe invece essere calcolato a partire dall’inflazione acquisita. A giugno era +6,2%. Oppure utilizzando l’inflazione programmata per il 2022 (+5,8% l’ultimo Def). Anche così però non costerebbe meno di 4-5 miliardi di euro.
C’è però un piano alternativo. Che prevede di rivedere i criteri della perequazione. In base alle regole in vigore, l’indicizzazione non si applica infatti allo stesso modo a tutti i trattamenti pensionistici. Da circa 20 anni è in vigore un meccanismo che prevede l’indicizzazione piena per le pensioni più basse. E invece la rivalutazione parziale per quelle d’importo superiore. Attualmente le pensioni vengono rivalutate:
Una rivalutazione sostanziale potrebbe partire dalla revisione di questi criteri. Oppure da un taglio netto del totale della contribuzione. Che farebbe risparmiare un paio di miliardi di euro
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