Imprese sul lastrico e famiglie rovinate: così l’Italia potrebbe avere solo pochi mesi di tregua

Un numero alto, altissimo, impressionante di imprese sarebbe al rischio default: oltre 100 mila sono a rischio fallimento in Italia. E con loro, una quantità sproporzionata di famiglie. Ecco come l’Italia sta davvero rischiando di cadere, tra breve, in un oblio senza fine.

Spesso si dice che i numeri non mentano, che la matematica non sia un’opinione: ed è vero e, purtroppo, drammaticamente concreto quando i numeri raccontano uno spaccato di crisi terribile per il nostro Paese. In Italia famiglie e imprese sono al collasso. Che cosa sta succedendo e come uscirne?

imprese in crisi _missionerisparmio.it

L’allarme arriva, l’ultimo in ordine di tempo, in realtà, dalla Cgia Mestre. Poi, l’Osservatorio Rischio imprese di Cerved ha peggiorato le cose sottolineando il rischio fallimento che si sta per abbattere sulle aziende italiane. Ovvero sia?

A seguito dei segnali, ancorché minimi, di una ripresa post-Covid, è peggiorato ancora una volta lo stato di salute in cui versa il comparto imprenditoriale italiano, da cui viene fuori come tra il 2021 e il 2022 le società a rischio KO finanziario siano cresciute quasi del 2%, passando dal 14,4% al 16,1% e toccando le 99.000 unità (+11.000), con 11 miliardi di euro in più di debiti finanziari, attualmente pari a 107 miliardi e cioè 10,7% del totale.

Crisi imprese e famiglie: cosa dicono i numeri

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Malgrado gli eccessi negativi del 2020, quando le aziende rischiose erano 134.000 (21,7%) sono lontani, la correzione in decrescita del trend “preoccupa“, sostiene Cerved. Se si valutano anche le societàvulnerabili”, che nel triennio 2019-2022 sono giunte dal 29,3% (181.000) al 32,6% (201.000), i debiti finanziari sono balzati in su di ulteriori 195,8 miliardi di euro (+28 miliardi), ovvero sia un equivalente de 19,5% del totale.

A rischio dunque c’è la tenuta industriale e imprenditoriale ma anche il futuro di oltre 3 milioni di posti di lavoro, e non solo. Sul fronte dell’occupazione, Cerved stima in oltre 3 milioni i lavoratori, quasi 1 su 3 (30,5%), impiegati in società “fragili”.

In sostanza agli 831.000 addetti delle imprese a maggior rischio (l’8,5%, +129.000 persone rispetto al 2021), vanno sommati anche gli oltre 2,1 milioni che lavorano in società oggi viste come vulnerabili (21,9%, +228.000).

Le imprese in difficoltà si trovano per lo più al Sud, dove sono pari al 60,1% del totale, accrescendo il già noto il gap con il Nord del Paese: le province con i cali più evidenti sono Isernia, il Sud della Sardegna, Matera, Foggia e Cagliari.

Crisi di lavoro e settori a rischio

soldi / FONTE Pexels

Non manca anche Roma tra le aree in crisi , mentre quelle con la maggiore quota di aziende a rischio risultano essere le città di Crotone, Terni, Isernia, Reggio Calabria, Messina, Siracusa e Cosenza.

Sono tanti poi i comparti che, nello specifico, sono davvero a rischio default, chiusura, e che di conseguenza andrebbero poi a mettere a repentaglio il futuro di questa e delle prossime generazioni che proprio dalla preservazione di tali settori dipendono, tramite salari e contratti di lavoro.

I settori più a rischio fallimento e quelli colpiti sono quelli delle costruzioni (dal 15,2% al 17,6% di società a rischio) e i servizi (dal 14,9% al 16,7%). Tra i primi 10 settori a rischio fallimento, otto rientrano tra i servizi: trasporti aerei (41,2%), parrucchieri e istituti di bellezza (37,8%), distribuzione al dettaglio nel ramo moda (36,4%).

Su altri aspetti, il peggioramento è più evidente tra le micro-imprese (dal 14,9% al 16,7% in area di rischio) e le piccole (dall’8,0% al 9,9%), già parecchio danneggiate dalla pandemia e più colpite agli effetti dei rincari.

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