Il governo pronto a proclamare lo stato di emergenza per siccità: ma che cosa cambia e per chi? Quali sono gli scenari possibili? Ecco a che cosa stiamo andando veramente incontro e le opzioni e le alternative.
Il Consiglio dei ministri intende deliberare lo stato di emergenza per siccità: se non altro, in riferimento alle aree più colpite. È sempre più realistico che il razionamento dell’acqua potabile diventi una costante da qui a breve. Ecco cosa comporta per i cittadini.
Il governo è deciso a dichiarare lo stato di emergenza per la siccità. Il Consiglio dei ministri è stato con un ordine del giorno ben preciso: “Deliberare lo stato d’emergenza per la siccità nelle aree maggiormente colpite”. Cosa vuol dire? E’ piuttosto semplice, come si evince.
Si dovrebbe procedere con un piano a livello regionale: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto hanno del resto chiesto in modo ufficiale lo stato di emergenza al governo. Qualche giorno fa lo stesso premier Draghi ha parlato dei piani di emergenza regionali.
La scelta dell’esecutivo di accelerare, nasce dal fatto che la situazione comincia a farsi tragica in alcune aree del Paese. E il governo, tra l’altro, sapeva che sarebbe accaduto.
Cosa cambierà con lo stato di emergenza per siccità in Italia? Con lo stato di emergenza in poche parole la Protezione civile dovrebbe acquisire, stando ai protocolli operativi, dei poteri speciali sul territorio e può decidere in alcuni ambiti con una particolare autonomia anche su temi complessi.
Come, appunto, quello di razionare l’acqua potabile o più in genere quello di utilizzare delle risorse economiche, stanziate nello specifico, in deroga alle norme vigenti.
Il governo, tra le altre cose, sta anche valutando l’idea di nominare un commissario straordinario per la siccità, al pari di come si è verificato con il Covid con Arcuri prima e Figliuolo in un secondo momento – che dovrebbe occuparsi dell’emergenza nei prossimi anni. Il nome più accreditato al momento è quello di Fabrizio Curcio, attualmente capo della Protezione civile.
Il possibile razionamento dell’acqua parte dalla consapevolezza, nel governo Draghi, che l’emergenza siccità abbia necessità di soluzioni a breve termine e a lungo termine, come l’urgenza di ammodernare il sistema idrico nazionale, caratterizzato da una quota percentuale di perdita d’acqua da record europeo.
Proprio per risolvere il problema degli acquedotti logori, infatti, il governo ha già pianificato l’uso di quasi un miliardo e mezzo. E nuovi investimenti saranno erogati in futuro. Ora, però, il problema va affrontato nell’immediato e partendo appunto dal razionamento sembra la più probabile.
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