Novità clamorosa sul Superbonus 110: l’esecutivo lo ha prorogato fino a Dicembre ma il fondo stanziato non basta. Chi ripagherà le imprese adesso?
A confermare la notizia è stata l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile): alla data del 31 Maggio appena trascorso era stato dato il via libera per altri 30 miliardi di investimenti nel superbonus.
Tuttavia le prenotazioni accettate dalle imprese edili hanno superato il budget previsto: prenotati incentivi per 33,7 miliardi di euro quando il fondo stanziato dal Governo è di 33,3 miliardi. Questi i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio che, di fatto, ha sentenziato lo stop definitivo al bonus sulla ristrutturazione e riqualificazione energetica.
Il superbonus era partito già nel 2021 ed era stato pensato non solo come un bonus per la ristrutturazione di immobili, ma anche e soprattutto per l’installazione di nuovi impianti/infissi al fine di migliorare la resa energetica dell’immobile. Non per nulla è stato anche accorpato all’ecobonus.
A regolare il bonus sono state le imprese edilizie, che hanno agito da medianti tra lo Stato e i cittadini che hanno usufruito del bonus. Secondo l’attuale normativa ancora in vigore il Superbonus è valido fino alla fine del 2022, vale a dire fino al 31 Dicembre, tuttavia è evidente che la misura dovrà essere rivista in qualche modo.
Le strade da scegliere sono poche: chiudere definitivamente le possibilità di accesso o stanziare nuovi fondi. Al momento la prospettiva è che chi richiederà di usufruire del Superbonus vedrà negate le loro richieste oppure, in caso contrario di accettazione, andrà a caricare sul debito già presente tra lo Stato e le imprese edili.
Al momento il Ministro dell’Economia Daniele Franco ha chiarito la sua posizione abbastanza fermamente, e non ha intenzione di operare scostamenti di bilancio. Secondo i dati raccolti dalla Cna, si prospetta un disastro economico.
Le imprese aspettano di aver monetizzati circa 2,6 miliardi di euro di crediti fiscali. Le aziende hanno accumulato crediti che, se non si trasformeranno in liquidità, porteranno almeno il 48,6% a rischio di fallimento; il 68,4% invece sarà costretto a bloccare i cantieri attivi per salvare le aziende. In cifre, sono circa 33mila le imprese che rischiano di chiudere per sempre, con l’aggiunta di 150mila disoccupati.
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