Doppia pensione dall’INPS, la riforma “folle” per dimenticare la Fornero

In questi giorni si sta parlando parecchio della cosiddetta Doppia Pensione. Un’idea, rilanciata dal presidente dell’Inps Tridico relativa alla ‘doppia uscita’. Vale a dire? Ecco cosa bolle in pentola sulla pensione in due tempi.

Arriverà per gli italiani la doppia pensione, o altrimenti detta pensione ‘in due tempi’? E’ quello che ci si interroga dopo che da Inps è stato riproposto il tema: l’obiettivo, cioè evitare il ritorno della legge Fornero senza creare danno in relazione all’assegno previdenziale, fa avanzare parecchi interrogativi.

Ecco come potrebbe funzionare il progetto della doppia pensione secondo le direttive che arrivano dall’istituto dell’Inps e tutto ciò che c’è da sapere nel merito.

pensioni doppie
pensioni doppie / Fonte: Pexels

La tempistica sulle pensioni prevede che a settembre venga stabilita la nuova legge di bilancio con la specifica delle misure previdenziali per il 2023. A dicembre 2022, va infatti a scadere Quota 102, che impone le soglie per il pensionamento a 64 anni d’età e 38 di contributi.

Il rischio è quello di tornare ai 67 anni della Legge Fornero. Da qui sono partite le analisi sul da farsi. Una delle strade possibili è proprio quella della pensione “in due tempi”, vale a dire con due differenti quote (una contributiva e l’altra retributiva) ottenute prima e dopo i 67 anni. Vediamo di cosa si tratta.

A parlare di questa ipotesi è stato in particolare il presidente dell’Inps Pasquale Tridico che ha rilanciato il tema della “doppia uscita”: ovvero pensionarsi tra i 63-64 anni con quanto si è cumulato tramite ai contributi versati lasciando il resto, la parte retributiva, al raggiungimento del 67esimo anno di età.

La pista del pensionamento anticipato a differenza della legge Fornero per il presidente dell’Inps sarebbe il rilascio di un assegno che sia meno penalizzante per il contribuente.

Pensione doppia: parte contributiva e parte retributiva, i dettagli

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pensioni doppie 2022 / Fonte: Pexels

L’obiettivo di Inps dunque sarebbe quello di concedere maggior flessibilità ai lavoratori che andrebbero in pensione a 63-64 anni senza perdere nulla nell’immediato ma, anzi, riguadagnare, nel lungo periodo la parte retributiva.

Per Tridico, semmai il taglio netto della componente retributiva del fondo pensionistico potrebbe portare ad una riduzione sostanziale e durevole dell’assegno, e dunque un maggior impoverimento dei pensionati.

Il numero uno di Inps sostiene che sia questo l’aspetto focale. Semmai, oltre che porre rimedio sulla differenziazione delle tempistiche relative all’ottenimento della pensione in due momenti diversi, andrebbe rivisto un quadro genere di interventi sul mercato del lavoro che aiuti non solo i pensionati.

Pensioni doppie e trasformazione del sistema retributivo

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pensioni doppie / Fonte: Pexels

Salari di basso livello oggi vogliono dire pensioni basse domani, fa intendere Tridico. Il sistema del lavoro italiano, nella visione del numero uno di Inps, è fondato da una certa qual flessibilità e da ore di lavoro insufficienti, ma soprattutto da salari insufficienti a “creare montanti contributivi adeguati per il futuro pensionistico”.

Questo vuol dire che qualunque tipo di intervento di modifica e correzione dei sistemi di attribuzione delle pensioni, del loro eventuale sdoppiamento o qualunque altra idea, funzionale o meno, dovrebbe comunque passare da una nuova visione dei sistemi di pagamento salariare e contributivi in ottica futura.

La riforma del sistema previdenziale in un certo modo potrebbe avere tempi parecchio dilatati. E, in tal senso, la flessibilità del sistema pensionistico rappresenta uno snodo che non sembra trovare una piena adesione collettiva, tra addetti ai lavori e soggetti preposti alle decisioni finali.

La supposizione è, quindi, che questa legislatura potrebbe faticare, come le altre, a trovare una quadratura del cerchio sul tema, soprattutto nel differenziare le attribuzioni in denaro ai pensionati dividendo parte retributiva e parte contributiva.

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