Con l’obbligo vaccinale ai no vax over 50, sono previste multe da 100 euro. Chi le contesta va incontro a sanzioni, ma pagherà in tempi dilatati. Non prima dell’autunno. Ecco però che accade se si sbaglia il ricorso.
Come noto, il Dl 1/2022 in vigore dall’8 gennaio scorso ha sancito l’obbligo vaccinale per chi ha 50 anni o li avrà entro il prossimo 15 giugno, data in cui le disposizioni cesseranno di essere in vigore, a meno di proroghe. In caso di inadempienza è prevista una sanzione di 100 euro. Cosa capita se non si paga? Ci sono aggravi: ma la tempistica per pagare è molto larga.
Per chi non risulterà vaccinato o avrà eseguito solo la prima dose o la seconda senza il richiamo nei termini previsti è prevista dunque una multa. A notificarla, l’agenzia delle Entrate, ma a comminarla è il ministero della Salute. Prima dell’avviso di addebito, il no vax però otterrà una comunicazione di avvio del procedimento.
Da qui potrà prendere la sua decisione: pagare o meno. Disporrà di dieci giorni di tempo per inviare all’Asl competente nel territorio prova di ipotetiche esenzioni o motivazioni per cui non ha eseguito o posticipato il vaccino.
Entro altri 10 giorni l’azienda sanitaria dovrò comunicare alle Entrate se la sanzione va comminata o meno. Da lì parte l’iter vero e proprio, che durerà all’incirca 240 giorni.
Infatti se l’azienda sanitaria conferma la sanzione, entro i successivi 180 giorni le Entrate manderanno una notifica via Pec o raccomandata a/r al debitore con un avviso di addebito che avrà valore di titolo esecutivo.
Chi non vorrà pagare entro questa seconda notifica potrebbe vedersi addebitate le spese extra per l’ingiunzione. Ma ci sono zone d’ombra. Andiamo a vederle.
Multe covid: la tempistica e i rischi di errore nei ricorsi
Il debitore ha 60 giorni di tempo per pagare o 30 giorni per presentare ricorso davanti al Giudice di pace. Dunque, in caso di contestazione della sanzione, i 260 giorni totali dell’iter portano il recapito del pagamento ad arrivare soltanto in autunno.
Difatti l’Agenzia delle Entrate può notificare l’addebito prima dei 180 giorni di legge, ma è improbabile che un no vax over 50 non si appelli alla lungaggine burocratiche che ne segue.
E se l’interessato sceglie la strada del ricorso al giudice di pace scatta infatti la procedura di sospensione dell’avviso di addebito. Ma che cosa succede se si sbaglia a fare ricorso? E’ qui che scattano alcune importanti indicazioni da tenere a mente.
Partiamo da un dato: se ci sono errori o se il giudice non accoglie l’istanza, le Entrate possono iniziare l’iter per il recupero coatto della somma, che viene aggravata di spese successive. Per presentare ricorso inoltre, ci sono comunque delle spese di cui tenere conto.
Multe covid per sbaglio e l’attenzione sul tipo di ricorso
Innanzitutto va pagato un contributo di 43 euro: ma a differenza di altre procedure non occorre un legale, ci si può difendere anche da soli. La controparte in giudizio sarà l’agenzia delle Entrate attraverso l’avvocatura di Stato. Considerati i costi, l’obiettivo è disincentivare il ricorso a confronto col pagamento della sanzione.
Davanti al giudice di pace il non vax over 50 può motivare l’ingiusta sanzione, ma in caso di sentenza di condanna rischia l’aggravio del pagamento delle spese di giudizio. E, se vorrà fare appello potrà impugnare la sentenza in tribunale entro 30 giorni dalla notifica della sentenza.
Dei chiarimenti tuttavia vanno fatti da parte di chi, però, ha ricevuto la multa covid per errore. In primis, occorre dimostrare di base di non essere la persona a cui era corretto imporre il pagamento oppure le motivazioni concrete per le quali non era esatta la multa in sé.
Va ricordato però che ad esempio, ai fini della multa, scegliere di vaccinarsi dopo il procedimento per non pagare, non cambia le cose: la sanzione scatta lo stesso nel caso in cui non ci siano ragioni oggettive e comprovabili che abbiano impedito di fissare la data del vaccino prima del 1° febbraio.
Coloro che sono colpiti delle sanzioni, poi, nel ricorso non potranno inserire motivi di violazione della privacy, poiché proprio il decreto legge ha introdotto la possibilità che le aziende sanitarie comunichino i dati cosiddetti particolari alle Entrate.