Aumento dei prezzi di materie prime e rincari carburante. Dopo 16 giorni di guerra in Italia c’è il panico per il futuro: ecco perché
L’invasione della Russia in Ucraina continua e non sembra essere giunta ad una fase conclusiva. L’esercito di Putin avanza e i morti (soprattutto civili) aumentano di giorno in giorno. Chi spera in un cessate il fuoco, purtroppo, verrà deluso e le tensioni sono destinate a continuare.
Dopo 16 giorni di guerra, le conseguenze indirette del conflitto si cominciano a registrare anche in Italia. Aumento dei prezzi di materie prime e rincari di carburante sono ormai all’ordine del giorno, mentre nel nostro Paese inizia ad esserci il panico per il futuro: ecco perché.
Rincari carburante e costo delle materie prime: ecco perché
I prezzi delle materie prime, importate dai Paesi dell’est, come Ucraina e Russia, sono arrivati alle stelle. La guerra in Ucraina, infatti, ha provocato delle conseguenze indirette sul costo di prodotti fondamentali, come cereali, mais e olio di girasole.
A peggiorare la situazione ci sono sicuramente i continui rincari di carburante, classificati dallo stesso ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, come una “truffa”. Una situazione parecchio difficile che ha gettato nel panico migliaia di consumatori nel nostro Paese.
L’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime daranno una bella scossa in negativo all’economia del Paese. Salgono i prezzi di gas (+48%), nickel (+93.8%), petrolio (+16.3%) e frumento (+29,2%). Prodotti fondamentali per il corretto fabbisogno energetico e produttivo del Paese. Ma perché questi aumenti?
Il motivo per il quale i costi della vita aumentano quando ci sono tensioni in particolari Paesi dell’estero è riposto nel fatto che l’Italia è un Paese importatore. Ad esempio, l’Italia importa gran parte dell’acciaio che serve ad industrie ed aziende nostrane. Materia prima che ha registrato un +25,1% del suo costo.
Ma non solo, il nostro Paese è un grandissimo importatore di nickel, arrivato al 93,8%, acquistato in paesi come l’Indonesia, le Filippine e la Russia. Stessa cosa per quanto riguarda il piombo, importato da Cina, Australia e Russia, e il frumento, acquistato da Russia, Ucraina e Canada.
Tutti questi prodotti hanno in comune il fatto di essere acquistati, in parti più o meno grandi, dai due Paesi in guerra: Ucraina e Russia. Il conflitto, infatti, ha portato ad una riduzione delle esportazioni da questi Paesi e, quindi, ad un considerevole aumento dei prezzi che si riflette nella vita di tutti i giorni.
Secondo la Cgia, l’Italia sarebbe a rischio stagflazione. Questo vuol dire che si rischia una condizione in cui vi sono, all’interno di uno stesso mercato, un aumento dei prezzi generale e una mancanza di crescita dell’economia.
Una condizione che, per ora, non ha ancora colpito il nostro Paese, ma che potrebbe verificarsi a causa delle “difficoltà legate al post-pandemia, gli effetti della guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e all’aumento dei prezzi delle materie prime”.