Quanti e chi sono i beneficiari del Reddito di Cittadinanza? In che condizioni rimarrebbero le persone che lo ricevono se la misura venisse abrogata? Il punto di uno studio Inapp.
Il Reddito di Cittadinanza è sempre soggetto a critiche da parte di chi ritiene che tale sussidio contribuisca a non aumentare i livelli di occupazione. Ma una persona su due che lo percepisce è un lavoratore povero. Questo è ciò che risulta da uno studio effettuato dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche e che il suo presidente, Sebastiano Fadda, ha riportato.
La metodologia dello studio sul Reddito di Cittadinanza è stata una indagine rappresentativa dell’intero territorio italiano con un campione di oltre 45mila persone con età compresa tra i 18 e i 74 anni.
Il Reddito di Cittadinanza ha permesso di rifiatare a circa 1,8 milioni di famiglie. Di queste, oltre la metà (il 55%, poco più di un milione) ha iniziato a percepire il sussidio durante la pandemia. Sul totale dei percettori, circa il 46% non sono disoccupati, ma la loro occupazione non permette loro di vivere in condizioni dignitose. Il direttore Fadda su questo punto ha sottolineato come, per dimezzare in tempi brevi il numero di percettori del RdC, basterebbe garantire a queste persone una retribuzione adeguata.
Questo punto è infatti il focus dello studio: i motivi che portano i percettori del sostegno a non accettare proposte di lavoro. Le ragioni principali si riflettono in: un lavoro non in linea con le proprie competenze per il 53,6%, un lavoro non in linea con il proprio titolo di studio per il 24,5%, un lavoro mal retribuito per l’11,9%, la necessità di doversi spostare troppo per il 7,9%.
I ricercatori INAPP sottolineano anche un 78% tra la totalità dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza che rifiutano una proposta di lavoro perché di modesta qualità. Una difficoltà che si aggiunge a quella della “identificazione dell’offerta congrua, quanto mai difficile da definire”.