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Economia

Decurtazione della pensione se lavori, qual è il prezzo da pagare

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Francesca Staropoli

Alcuni tipi di attività lavorativa non permettono sempre di cumulare la pensione. Ecco in quali casi scatta una riduzione o una sospensione.

Ecco i casi in cui redditi da lavoro e da pensione diventano incompatibili.

Superata nel 2008 la regola che riduce tutte le pensioni di chi svolge attività lavorativa in contemporanea, andiamo a vedere in quali casi queste persone subiscono il taglio della pensione per attività lavorativa. Vedremo anche quando i due redditi sono totalmente incompatibili tra loro.

Il primo caso in cui si attiva il taglio della pensione è per l’assegno ordinario d’invalidità (AOI). Si tratta di una prestazione di natura previdenziale riconosciuta a chi è stata accertata una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo (per infermità, per difetto fisico o mentale). Queste persone devono anche avere almeno 260 contributi settimanali (quindi 5 anni), di cui almeno 156 settimane (3 anni) nell’ultimo quinquennio.

Queste persone godono di una pensione calcolata secondo le regole vigenti, con la differenza però che l’importo spettante non è cumulabile al 100% con quanto percepito dall’attività lavorativa. In questi casi la riduzione tiene conto della misura dei redditi da lavoro:

  • taglio del 25% se il reddito da lavoro supera di quattro volte il trattamento minimo. Nel 2022, dunque, la soglia da non superare è pari a 2.095,32 euro;
  • taglio del 50% se il reddito da lavoro supera di cinque volte il trattamento minimo, ossia 2.619,15 euro per il 2022;

Per la parte che eccede il trattamento minimo, inoltre, l’assegno ordinario d’invalidità può subire una decurtazione del 50% per i redditi da lavoro dipendente. Se il reddito è da lavoro autonomi, diventa del 30%.

Il taglio della pensione, però, si attiva anche per pensioni d’invalidità e di inabilità specifiche, come la pensione per inabilità alle mansioni o a proficuo lavoro. In questi casi si applica però solamente il secondo taglio tra quelli descritti.

Sulla parte che eccede il trattamento minimo (che ammonta a 523,83€ per il 2022) si applica un taglio che va dal 30% al 50% a seconda che si tratti rispettivamente di redditi da lavoro autonomo o dipendente. In entrambi i casi, la seconda riduzione non può comunque superare l’importo del reddito percepito e non vale nei confronti di quei lavoratori con almeno 40 anni di contributi.

Il terzo caso è quello della pensione ai superstiti (o di reversibilità). Per questi casi, in presenza di altri redditi, la riduzione sarà pari al:

  • 25% se il reddito del pensionato supera di tre volte il trattamento minimo, quindi 1.571,49€ nel 2022;
  • 40% se il reddito del pensionato supera di quattro volte il trattamento minimo, quindi 2.095,32€ quest’anno;
  • 50% se il reddito del pensionato supera di cinque volte il trattamento minimo, ossia 2.619,15€ nel 2022.

Pensione, quando è sospesa per chi lavora

Esistono poi casi in cui i redditi da lavoro e quelli da pensione sono incompatibili. Avviando certe attività lavorative, si rinuncia necessariamente alla pensione.

Questo è il caso dei lavoratori che accedono alla pensione con Quota 41, cioè con soli 41 anni di contributi: questi non possono avviare un’attività lavorativa fino al momento in cui sarebbero stati maturati i requisiti avere la pensione anticipata ordinaria. Il divieto di cumulo vale per 10 mesi per le donne (che raggiungono il diritto alla pensione anticipata con 41 anni e 10 mesi di contributi). Per gli uomini è vale per 1 anno e 10 mesi (essi accedono alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi).

La sospensione interessa anche la Quota 102. Essa vieta lo svolgimento di un’attività lavorativa fino al compimento dei 67 anni, età in cui si accede alla pensione di vecchiaia. Le uniche attività consentite possono essere solo quelle da lavoro autonomo ed entro la soglia dei 5000 euro lordi l’anno.

Infine, anche le persone che accedono all’Ape Sociale rientrano in questa casistica, con un limite che vale fino al momento in cui di fatto non si matura il diritto alla pensione. Fanno eccezione solo i redditi derivanti da lavoro dipendente e collaborazioni purché sotto la soglia degli 8.000,00€, oppure 4.800,00€ se da lavoro autonomo.

Francesca Staropoli

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