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Pensioni, il 31 dicembre 2022 cambierà tutto

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Riccardo Magliano

Continua il braccio di ferro tra Governo e sindacati sulle pensioni del 2023. Si cerca un compromesso per consentire l’uscita dal lavoro a 64, ma qualunque soluzione possibile costerà cara.

Nelle ultime settimane si è cercato un avvicinamento tra le parti al tavolo delle trattative, ma le posizioni sono ancora abbastanza distanti. Per il momento l’età della pensione di vecchiaia è definita dalla Legge Fornero a 67 anni. Confermata la cancellazione di Quota 102 nel 2023, che dovrà essere sostituita da un’altra, eventuale, misura di pensionamento anticipato. Per decisione del Governo, intenzionato a risparmiare quanto più possibile dalla nuova riforma delle pensioni, la nuova misura di pensionamento anticipato dovrà gravare il meno possibile sulle finanze dello Stato e perciò a pagarne il prezzo saranno i pensionandi.

Si discute apertamente sul fattore importi dell’assegno pensionistico. Per evitare che la nuova ondata di pensioni anticipate possano essere troppo dispendiose per le casse statali, Draghi ha pensato che una soluzione possa essere abbassare quanto più possibile gli importi delle pensioni anticipate. Una delle proposte più papabili è quella formulata dalla commissione del Ministero del Lavoro, che prevede una riduzione del 3% dell’importo della pensione di vecchiaia per ogni anno di anticipo sull’uscita dal mondo del lavoro. Con l’età minima per la pensione fissata a 67 anni, per un’uscita a 64 anni si vedrebbe il proprio assegno decurtato 9% dell’importo. Un taglio che, secondo i sindacati, sarebbe troppo alto per i pensionati italiani, che vedrebbbero il proprio stile di vita minato dal basso reddito derivato dall’assegno pensionistico.

Altra proposta che sta venendo opportunamente considerata e discussa è quella del Presidente dell’INPS Pasquale Tridico, che prevede una pensione anticipata pagata in due tranche. Si tratterebbe di pagare a partire da 64 anni solo la parte contributiva dell’assegno pensionistico, per poi aggiungere la parte retributiva dell’assegno a partire da 67 anni, quando si sbloccano l’effettivo traguardi di età per l’intero assegno pensionistico. Nonostante sembrino queste due le proposte meglio percorribili, la discussione è ancora aperta e non si possono escludere colpi di scena. I sindacati non si sono ancora arresi a cedere una parte delle loro posizioni. Nonostante la ricerca di un compromesso per permettere la riforma a inizio del nuovo anno, la volontà dei sindacati di permettere un’uscita sicura e dignitosa dei lavoratori dal mondo del lavoro è ancora forte e si scontra con la posizione del Governo. Si attenderanno le prossime settimane per capire cosa succederà ai neo-pensionati dal 2023.

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