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Partite IVA, in pochi mesi 300 mila persone hanno deciso di rinunciarci

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Riccardo Magliano

Essere un lavoratore a Partita IVA in periodo di Covid non è facile. Lo sottolinea il fatto che molti ci stanno rinunciando. Ecco l’allarme lanciato dalla CGIA di Mestre.

Tutti quei liberi professionisti, artigiani, esercenti e piccoli commercianti che sono iscritti a ordini o casse lavorano con Partita IVA. Su queste categorie la pandemia si è accanita più che su altri a causa della natura stessa del loro lavoro. Essere costretti a chiudere a causa del lockdown, o vedere i propri guadagni abbassarsi a causa delle restrizioni e della ritrosia dei clienti è un grosso problema per queste categorie di lavoratori. Questo è il motivo per cui ci sono stati molti aiuti da parte dello Stato verso le Partite IVA. Nonostante questi, la situazione intorno alle Partite IVA in tempo di Covid-19 è ancora critica e sono in molti a stare rinunciando ad essa nell’ultimo periodo.

La conferma arriva dalla CGIA di Mestre, che ha studiato la situazione delle Partite IVA in Italia, contando che a causa del Covid-19, oggi ci sono 321.000 lavoratori autonomi in meno rispetto a febbraio 2020. Il periodo della pandemia ha falciato l’attività autonoma. Molte persone, sconfortate dalla mancanza di lavoro come autonomi, hanno preferito rinunciare alle spese della Partita IVA e dedicarsi ad altre forme di lavoro e guadagno, magari più sicuro. Purtroppo anche questa strada sembra poco praticabile, visto che i contratti a tempo indeterminato, sempre rispetto a febbraio 2020, sono diminuiti di 98.000 unità, mentre sono aumentati i contratti a scadenza.

Nonostante questi dati non incoraggianti sulla possibilità di un lavoro più stabile ed entrate fisse, la possibilità di una partita IVA continua a spaventare i lavoratori. Non solo l’instabilità causata dalla pandemia sta portando gli autonomi a rinunciare alle Partite IVA, ma anche il grande ammontare di spese che si sta accumulando nell’anno corrente. A partire dal rincaro delle bollette, che penalizza fortemente le piccole attività commerciali, costrette a chiudere perché impossibilitate a coprire le spese energetiche.

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