Il dolore alla schiena può essere un fattore che limita fortemente un lavoratore, soprattuto per alcune professioni. Per questo l’INPS la riconosce come una malattia professionale e tutela chi ne soffre.
In realtà non tutti i mal di schiena vengono riconosciuti come malattie professionali. L’INPS appone questa etichetta solo a quei mal di schiena causati specificatamente dall’attività professionale, in particolare se si tratta di un danno lento e progressivo causato dall’attività stessa. Il danno deve poi causare un danno tale da produrre infermità in modo esclusivo o prevalente nel soggetto, facendolo diventare invalido. Questo significa che, seppure malattie come lombalgia, lombo sciatalgia, ernia, scoliosi e dolori alle vertebre siano motivi buoni per assentarsi dal lavoro sotto certificato medico, queste non sempre sono considerate malattie professionali.
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Il mal di schiena può essere considerato malattia professionale solo ed esclusivamente quando all’origine professionale della malattia c’è un sovraccarico biomeccanico del rachide. Tra i lavori che, stando a quanto emerso dalle raccolte dati, possono provocare mal di schiena che siano riconosciuti come malattie professionali ci sono:
- Lavori di magazzinaggio;
- Lavori di facchinaggio in settore traslochi, spedizione merci, porti, aeroporti, ecc;
- Lavoro di manovale edile, quando la movimentazione manuale dei carichi è attività prevalente;
- Lavoro di personale ausiliario e infermieristico in reparti nosocomiali e altre strutture dove è richiesta movimentazione assistita dei pazienti.
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A concedere un sussidio per le malattie professionali è l’INPS, in tutela dei lavoratori che si infortunano sul posto di lavoro, quindi anche nel caso di mal di schiena causato da un eccessivo sforzo lavorativo viene corrisposto un aiuto economico. L’Agenzia europea annovera tra le cause del mal di schiena come malattia professionale sia fattori di rischio fisico, sia fattori ambientali e organizzativi. Tra i primi rientrano il sollevamento di carichi pesanti, le posizioni ergonomiche incongrue, movimenti altamente ripetitivi, attività ripetitive e/o monotone, fatica, microclima ambientale e molti altri. Per evitare l’arrivo del mal di schiena la legge prevede l’uso di ausili meccanici, una corretta organizzazione del lavoro con relative pause e turni e l’applicazione dei principi ergonomici sul posto di lavoro.