In Italia l’età minima di pensionamento è destinata ad alzarsi. Anche se nel 2022 l’età pensionabile può essere ancora tenuta sui 61 anni, in futuro questa si alzerà fino a 71 anni.
A dirlo è l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), che avvertte gli italiani di come il problema delle pensioni, che già sta scaldando il dibattito politico attuale, sia destinato a diventare sempre più pesante. Secondo l’osservatorio, infatti, tra qualche anno l’età pensionabile in Italia potrebbe arrivare a raggiungere una delle quote più alte tra tutti i paesi del mondo: 71 anni di età. Attualmente l’età media di pensionamento in Italia è calcolata sui 61,8 anni di età anagrafica. Questa media è calcolata tenendo però conto delle moltissime possibilità di pensionamento anticipato di cui il nostro paese dispone, che abbassano di molto la media complessiva normale dell’età pensionabile.
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Misure come Quota 100, che mantiene l’età pensionabile a 62 anni, Quota 102, che la alza a 63, l’Ape Sociale, Quota 41, Opzione Donna e le altre già attive o prevista sono quello che permette al nostro paese di rimenere sotto la media europea per quanto riguarda l’età pensionabile dei lavoratori (63,1 anni). Il problema è che queste misure rappresentano l’eccezione anziché la regola. La previsione dell’OCSE, tuttavia, tiene anche conto che queste misure possano non durare per sempre, e si basa anche sulle possibilità future sia delle casse dello Stato italiano (considerando l’alto costo di mantenimento delle misure di pensionamento anticipato), sia del mercato del lavoro attuale. La previsione catastrofica è che chi entra oggi nel mercato del lavoro potrebbe finire per andare in pensione a 71 anni di età.
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La situazione dell’Italia futura sarà la stessa, secondo l’OCSE, di paesi come Danimarca, Estonia e Paesi Bassi. Questo risultato rispecchia anche il miglioramento dell’aspettativa di vita in questi paesi, che influiscono in maniera consistente sull’età pensionabile. Per quanto riguarda l’Italia l’OCSE è preoccupata soprattutto per le lavoratrici donne. In particolare per la disparità che potrebbe portare il calcolo contributivo della pensione sulla retribuzione femminile. Secondo i calcoli, una donna che inizia a lavorare a 27 anni e con 10 anni di disoccupazione nell’arco della propria vita professionale (previsione tutt’altro che fuori dalla realtà) potrebbe percepire una pesione inferiore del 27% rispetto a una lavoratrice con una vita lavorativa piena.