Secondo i termini economici, inflazione è quanto il denaro perde valore nel tempo. Questo significa che, nonostante non ci siano movimenti sul conto corrente, si continua a perdere del denaro.
L’inflazione purtroppo non colpisce solo gli Stati Uniti in questo periodo. Nonostante sia maggiormente oltre oceano che questo fenomeno economico fa i danni maggiori, anche in Italia stiamo risentendo di un perido di inflazione negativa che sta aumentando pian piano l’importo delle nostre spese, mentre il nostro denaro perde valore. Nello specifico l’ISTAT ha calcolato che al momento l’inflazione in Italia sta avanzando a una media di +0,7% al mese e +3% su base annua. A fare le spese di questo fenomeno sono i soldi fermi nei conti correnti dei cittadini, che, pur rimanendo fermi, continuano a perdere di valore.
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Il rendimento medio di un conto corrente è dello 0,02%, a cui si aggiungono i canoni mensili e l’imposta di bollo se il valore medio di giacenza è superiore a 5.000 euro. In più si registrano prezzi di alimenti in continuo aumento, sempre come conseguenza dell’inflazione, per cifre anche molto importanti: il caffé per esempio arriva a un aumento dell’87%, il succo d’arancia subisce un aumento del 24% e il latte del 4,5%. E solo per fare alcuni esempi, visto che, come è ovvio, al calare del valore del denaro a causa dell’inflazione i prezzi dei prodotti salgono per bilanciare. Il rischio dell’inflazione, quindi, è per chi lascia il proprio denaro fermo sul conto corrente o per chi fa investimenti a bassissimo rischio, visto che in un caso il denaro diminuisce sempre più di valore rimanendo stagnante, mentre nell’altro i guadagni dell’investimento finiscono per essere annullati dall’inflazione, rendendo inutile l’investimento.
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Una voce interna a Fineco, quella di Alessandro Foti per la precisione, fa un esempio calzante e reale per spiegare ai suoi clienti il rischio del lasciare fermi i propri risparmi su un conto corrente: a causa dell’inflazione, il denaro parcheggiato in un conto corrente nel 1969, alla fine del millennio ha subito una svalutazione del 26% del suo valore. Altro esempio portato da Foti, più recente, prevede i soldi depositati nel 1995, che oggi vedono una perdita del 35% rispetto alla cifra iniziale.