Sono al vaglio due possibilità per raggiungere questo obiettivo: un salario minimo legale o la contrattazione collettiva.
Il Parlamento europeo dice sì al salario minimo. Dopo il via libera in commissione arrivato due settime fa, anche la plenaria ha votato favorevolmente alla direttiva sull’introduzione di una retribuzione minima oraria. L’ultima seduta di novembre della plenaria ha visto andare in scena il voto, con l’approvazione del mandato concordato dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali con 443 voti a favore, 192 contro e 58 astensioni.
Gli eurodeputati propongono due possibilità per raggiungere questo obiettivo: un salario minimo legale (il livello salariale più basso consentito dalla legge) o la contrattazione collettiva fra i lavoratori e i loro datori di lavoro. Inoltre, il Parlamento vuole rafforzare ed estendere la copertura della contrattazione collettiva obbligando i Paesi Ue con meno dell’80% dei lavoratori coperti da questi accordi a prendere misure efficaci per promuovere questo strumento. La stessa Commissione Ue si è in passato espressa a favore dell’introduzione di una soglia minima nelle retribuzioni lasciando ai singoli paesi la scelta se perseguirla attraverso la contrattazione collettiva o per legge.
Salario minimo, cosa accade negli altri paesi europei
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NELL’UNIONE Europea 21 paesi su 27 paesi hanno un salario minimo legale, mentre negli altri sei (Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia) i livelli salariali sono determinati attraverso la contrattazione collettiva. Espressi in euro, i salari minimi mensili variano ampiamente in tutto il continente: dai 332 euro in Bulgaria ai 2.202 euro in Lussemburgo. Il Parlamento europeo ha ripetutamente chiesto un’azione legislativa su questo argomento. Una risoluzione analoga a quella di ieri è stata già adottata il 10 ottobre 2019.
Un anno dopo, nell’ottobre 2020, la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva per migliorare l’adeguatezza dei salari minimi. Ora la palla torna nel campo dei governi. Questa complicata trafila riflette della costitutiva difficoltà, dovuta a una scelta politica, di affrontare i temi sociali del resto affermati nel sesto principio del Pilastro europeo dei diritti sociali, concordato congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio, a nome di tutti gli Stati membri, e dalla Commissione europea, nel novembre 2017.
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Tra le prime reazioni anche quella del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ex capo politico del M5s, tra le forze politiche che spingono di più per questa misura: “Ricordo ancora il momento in cui decidemmo di inserire il salario minimo come primo punto nel programma delle elezioni europee del 2019. Con il voto di oggi in Parlamento Europeo questa battaglia del MoVimento 5 Stelle compie un altro passo decisivo”. “Per noi – aggiunge – quello sul salario minimo è un impegno preso con i cittadini in cui abbiamo creduto fin dal primo istante, ed era anche la condizione per appoggiare Ursula Von Der Leyen come Presidente della Commissione Europea”.
Daniela Rondinelli, eurodeputata M5s tra coloro che hanno seguito più da vicino l’iter del dossier, spiega che “l’approvazione di questo provvedimento era il primo punto del nostro programma per le elezioni europee del 2019, quindi possiamo con orgoglio dire: missione compiuta, anche perché il testo approvato oggi presenta elementi a dir poco rivoluzionari per il mercato del lavoro europeo e italiano”. Più nel merito, sottolinea, “vengono definiti tre criteri per la determinazione del salario minimo, dovrà essere al di sopra del 50% del salario medio e del 60% del salario mediano lordo nazionale, ed essere al di sopra di una ‘soglia di dignità‘ calcolata in base al potere d’acquisto dei salari a prezzi reali“. Il salario minimo, prosegue Rondinelli, dovrà riguardare tutti i lavoratori anche i riders, gli stagionali, i tirocinanti e gli stagisti. Basta lavoratori sottopagati”.