Cambiano i limiti di versamento e preievo di contanti dal conto corrente. Dal 1 gennaio 2022 il massimo dei soldi versari sul proprio conto scende a 999,99 euro. Ecco come comportarsi.
Dal 1 gennaio 2022 sarà abbassato il limite massimo di contanti per la tracciabilità. Questo significa che basterà un versamento di contanti di numero inferiore per far drizzare le orecchie al Fisco e far partire i controlli. Nello specifico i versamenti di contanti superiori a 999,99 euro faranno si che l’Agenzia delle Entrate faccia partire i suoi accertamenti. Il limite massimo entro cui ci si può muovere con il contante sarà quindi dimezzato rispetto a quest’anno; il limite fino alla fine del 2021 è infatti di 1.999,99 euro per i versamenti sul conto corrente. In concomitanza con questo, sarà vietato l’utilizzo del contante per qualsiasi pagamento superiore a 999,99 euro, inclusi pagamenti tra soggetti pubblici, privati e imprenditoriali di qualsiasi categoria.
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Il divieto sui pagamenti comprende anche i pagamenti frazionati, quindi quelli che vengono fatti in più prestazioni pagate sigolarmente, il cui costo complessivo non deve superare il limite consentito. L’Agenzia delle Entrate potrà quindi attivare i propri accertamenti; il principio si trova nell’articolo 32 del Testo Unico sulle imposte e sui redditi secondo cui ogni versamento di contanti o bonifici sul proprio conto corrente è da ritenersi un reddito imponibile e di conseguenza da riportare in dichiarazione dei redditi onde evitare di far scattare gli accertamenti per cui il contribuente avrà il cosiddetto onere della prova.
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Lo stesso limite non sarà applicato anche ai prelievi, il cui limite massimo sarà comunque dimezzato da 2.000 a 1.000 euro per singolo prelievo. Comunque, se arrivasse anche solo una donazione di importo superiore a 1.000 euro partirebbero i controlli dell’Agenzia delle Entrate. Per evitarli occorre munirsi di un documento scritto in cui sia spiegata la provenienza della somma versata sul conto, spiegando inoltre che non sia una somma imponibile o che sia già stata tassata. Il documento deve essere una certificazione e deve riportare una data certa perché sia ritenuto valido, e per avere un valore deve essere stata emessa da un notaio o dalla stessa Agenzia delle Entrate. In alternativa dovrebbe riportare sul timbro postale la data (spedizione a se stessi di un atto) o deve essere inviata via PEC.