Una sentenza della Corte dei Conti ha imposto all’Inps di pagare alcuni arretrati per le pensioni della Polizia di Stato. I motivi.
Nonostante le polemiche per gli interventi annunciati dal governo in tema pensione, con un inasprimento delle normative per uscire dal mondo del lavoro e l’abolizione di Quota 100, una categoria di lavoratori ha recentemente ricevuto una notizia positiva.
Si tratta del personale che appartiene alla Polizia di Stato ed a quella Penitenziaria e che si vedrà riconoscere alcuni arretrati dovuti dall’Inps, grazie a una sentenza della Corte dei Conti che ha obbligato l’ente previdenziale a corrisponderli. La misura è valida per tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato i quali hanno prestato servizio prima del 1996 e per meno di 15 anni.
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Nella sentenza la Corte dei Conti ha riconosciuto un trattamento migliore sui contributi versati nel sistema retributivo prima del 1996 rispetto a quanto aveva calcolato l’Inps fino ad oggi. Questa decisione sarà contenuta nella nuova Legge di Bilancio dal gennaio 2022.
Alcuni contribuenti avevano notato come l’Inps avesse trattato in maniera diversa i contributi versati fino al 1995 pari al 2,33% per chi avesse lavorato meno di 15 anni. In pratica fino a questo momento l’Inps aveva applicato l’aliquota del 2,44% dei contributi solamente al personale della Polizia che aveva accumulato più di 15 anni di versamenti prima del 1996.
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Invece i giudici contabili, con la sentenza numero 12 del 2021, hanno stabilito che il rendimento che spetta ai cittadini sulla parte contributiva che viene versata deve è essere uguale per tutti. In questo modo, quindi, è stato ricalcolato con la misura del 2,44% per ogni anno di anzianità contributiva.
Se, invece, il poliziotto finisce il suo servizio per il raggiungimento dei limiti di età, senza però toccare l’anzianità minima di 20 anni, l’aliquota resta più bassa. È pari al 2,20% per ogni anno di anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995.
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