Nei prossimi decenni forse dovremmo rassegnarci a consumi bassi a causa del metodo contributivo per il calcolo delle pensioni.
La verità è che oggi, ancora nelle paludi di una riforma che non prende forma, rimaniamo all’unica vera alternativa che tornerà in vigore dal 2022: la legge Fornero. Dunque, se il governo non prenderà una decisione, non si potrà andare in pensione prima dei 67 anni o, in alternativa, se non si avranno almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
C’è però una questione ancora più spinosa: quale sarà l’ammontare dell’assegno? A partire dai versamenti dal 1° gennaio 2012, il calcolo sarà basato sul contributivo puro. Questo significa che il futuro pensionato percepirà per quel periodo un assegno legato solamente ai contributi versati. Va poi ricordato che con la legge Dini chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 è già “intrappolato” nel contributivo.
Cosa porterà tutto questo? A pensioni più basse rispetto al calcolo con il metodo retributivo. Infatti il tasso di sostituzione, quindi il rapporto tra il primo assegno e l’ultima retribuzione percepita, arriverà solo al 70%. Questo però vale solo oggi, visto che nel 2050 la stima scenderà ulteriormente, fermandosi al 60%. Ma questo vale solo per i lavoratori dipendenti, visto che per artigiani e commercianti la quota scenderà al 45%, un meno 20 rispetto al 2010.
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Sarà una rivoluzione sociale, visto che i lavoratori saranno costretti a lavorare più a lungo, probabilmente ben più di quanto già prospettato oggi dalla Fornero, se vorranno riuscire a percepire pensioni più decenti. Ma le conseguenze ricadranno anche sui consumi, come già prospettato negli anni ’50 dall‘economista Franco Modigliani con la teoria de Ciclo Vitale.
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La vita “consumistica” si divide in tre fasi, in base all’età: la prima e la terza tendono ad avere redditi più bassi, ma questo si scontra con l’abitudine e con la stabilizzazione durante la propria esistenza. Si tratta di un circolo vizioso che porta a dover risparmiare di più durante tutto l’arco di vita, finendo così per “raffreddare” i consumi e di conseguenza la domanda, portandosi dietro a catena anche il Pil di un paese. Questo perché i bassi consumi causerebbero bassi tassi di crescita dell’economia.
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