Il blocco degli sfratti terminerà il 31 dicembre 2021. Nessuna proroga per l’anno nuovo, la Corte Costituzionale si è espressa.
Il blocco degli sfratti ha accompagnato tutto il periodo della pandemia e dello stato emergenziale. Per venire incontro alla grave situazione economica che ha colpito milioni di italiani, il governo Conte ha deciso di sospendere questa pratica, una misura poi confermata anche dal nuovo governo Draghi. Oggi però la “locomotiva” economica ha ripreso a correre, tanto che il 2021 potrebbe concludersi con un balzo nel PIL del 6,2%. D’altro canto le associazioni dei proprietari stanno premendo per ristabilire nuovamente la “normalità”, per cui in caso di morosità prolungata si può chiedere all’inquilino, anche tramite la legge, di lasciare l’immobile.
La conferma arriva del resto anche dalla Corte Costituzionale che, in vista della fine dello stato emergenziale prevista per il 31 dicembre – ma anche in caso di rinnovo della stessa – ha stabilito attraverso una sentenza che il blocco degli sfratti dovrà cessare “senza possibilità ulteriore di proroga, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale“. Dunque fine dei giochi per tutti gli affittuari morosi.
Addio al blocco degli sfratti: la sentenza decisiva della Corte Costituzionale
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Va fatta sicuramente una differenziazione tra chi si trova in condizioni di cassa integrazione e non sa se e come potrà riprendere l’attività lavorativa e chi invece ha approfittato della situazione in maniera scorretta. Rimane la necessità di ripristinare pienamente la legalità e i diritti dei proprietari sulle case.
La sentenza numero 213 della Suprema Corte ha confermato lo stop, ma solo fino al 31 dicembre 2021 e non oltre. La sospensione, giustificata dallo stop all’economica causato dal Covid in quasi tutti i settori e la conseguente impossibilità a pagare la pigione a causa degli stipendi non pagati ha portato il governo all’intervento sociale.
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Questo però non ha cancellato i dubbi di legittimità costituzionale del provvedimento, legato a filo proprio con lo stato emergenziale. Dunque non ci saranno proroghe, a meno che non riesploda nuovamente la pandemia e questo causi nuovamente lockdown e limitazioni al lavoro. Solo in questo caso è possibile rivalutare la sentenza, ma sempre cercando di mantenere l’equilibrio tra i bisogni collettivi e i diritti privati.