Si va verso pensioni da fame o forse più giuste. Il lento abbandono al sistema di calcolo misto creerà una nuova classe di poveri.
Dunque a fine anno finirà Quota 100, aprendo la strada a quella che sarà un riforma difficile, soprattutto per chi dovrà andare in pensione tra qualche anno. Infatti per ora si andrà avanti con un sistema ibrido, che però si trasformerà verso un contributivo puro, che potrebbe tagliare molto i futuri assegni. Lo scenario è avvilente e nasce dalla necessità di mettere mano al bilancio dello stato, su cui pesano molto le pensioni, tanto che potrebbero sparire anche quelle anticipate. Dal 2022 subentrerà Quota 102, ma sarà sfruttabile da poche migliaia di lavoratori, quelli che potranno accedere alla quiescenza entro il prossimo anno.
Infatti dal 2023 tutto cambierà ancora e si prospetta un ritorno alla Fornero e ai 67 anni di età. Per mantenere un anticipo rispetto a questa data potrebbe esserci una grave conseguenza: un netto taglio delle pensioni dovuto appunto al calcolo contributivo puro.
Ma cosa significa nel concreto? Quando si prenderà effettivamente di pensione quando sarà il turno di chi attualmente è la forza lavoro dell’Italia? Per chi oggi ha tra i 50 e i 55 anni il traguardo sarà costituito dai 67 anni, se non sarà ulteriormente allungata questa età. Il problema per questi è che non potranno sfruttare il sistema misto attuale. Infatti il tasso di sostituzione è calcolato sul 70% dell’ultima retribuzione.
Pensioni, per la fascia 50-55 anni si prospettano assegni più che decurtati
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Ma per i lavoratori di età compresa fra 50 e 55 anni andranno in pensione di vecchiaia con un assegno che, nella migliore delle ipotesi, sarà la metà dell’ultima busta paga. Sempre che possano vantare una carriera ininterrotta e dignitosamente retribuita. Tradotto in cifre, per ottenere in futuro una pensione da almeno 1.000 euro al mese serve una retribuzione media di almeno il doppio. Ma non solo a fine carriera, bensì anche durante i primi anni di impiego.
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Questo ovviamente vale per questa fascia di età, ma il futuro è ancora più nebuloso per gli under 50. In questo caso si prospetta una durata della vita lavorativa ancora più superiore e tra i tecnici si è prospettata anche la possibilità di non poter accedere alla pensione prima dei 75 anni. Per chi avesse iniziato giovanissimo, dunque, si parla anche di più di 50 anni di versamenti: tutto questo per tenere in piedi il sistema previdenziale italiano.