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Pensioni, addio alla certezze: arrivano rivalutazioni, tagli e revoche

Published by
Riccardo Magliano

Stiamo attraversando un periodo di inflazione negativa. Questo significa che i nostri euro aumentano di valore e di conseguenza, paradossalmente, le pensioni dovrebbero diminuire.

In qualsiasi ambito economico, quando entra in gioco l’inflazione non c’è mai da stare sereni. L’inflazione ha un impatto molto pesante sulle pensioni, sia in positivo che in negativo. Questo perché con l’inflazione positiva, quindi in aumento, il potere d’acquisto della moneta cala, di conseguenza una stessa quantità di denaro finisce per avere un valore minore rispetto a prima. Per bilanciare questo trend, lo Stato esegue una rivalutazione delle pensioni, alzando l’importo di queste per fare in modo che l’inflazione non vada a penalizzare i pensionati che si trovano con un importo svalutato in periodo di difficoltà.

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In teoria, però, lo stesso meccanismo dovrebbe valere anche al contrario. Ovvero, in caso di inflazione negativa, e quindi del valore della moneta che aumenta, le pensioni aumenterebbero di valore e per bilanciare la situazione lo Stato dovrebbe, almeno in teoria, abbassarne gli importi. Non è questo che avverrà, ma ci sarà comunque un arresto alle rivalutazioni delle pensioni per il 2022. A causa della pandemia, del lockdown e del blocco generale dell’economia italiana, il prodotto interno lordo dell’anno passato è calato vertiginosamente, con effetti sull’inflazione, che è andata in negativo.

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Per questo motivo non è stata fatta alcuna rivalutazione delle pensioni per il 2021. Le pensioni rimarranno dello stesso valore perché l’inflazione prevista per il 2020 era negativa. Le previsioni degli esperti dicono che nel 2022 l’inflazione tornerà a salire perché il tasso del costo della vita sarà del 1,5%. La qualificazione dell’aumento come valutazione dipende dal metodo che il governo deciderà di seguire per la perequazione. Dal 2022, invece, circa 22 milioni di italiani potranno beneficiare dell’aggiornamento dell’assegno pensionistico che costerà circa 4 miliardi di euro sulle casse dell’INPS e sulle altre casse previdenziali che dovranno egualmente provvedere alla rivalutazioni degli assegni previdenziali.

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