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Economia

Pensioni, dobbiamo iniziare a preparaci al ritorno della Fornero

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Chiara Feleppa

Tra le varie ipotesi dopo Quota 100, c’è un sistema a gradi, con Quota 102, 103, e 104 secondo uno schema crescente.

Il nodo delle pensioni continua ad essere molto spinoso e a Palazzo Chigi gli animi si accendono. Al momento, l’ipotesi più accreditata sembra essere quella di un sistema a gradi, con Quota 102, 103, e 104 secondo uno schema crescente. In sostanza, si potrebbe uscire dal mondo del lavoro con 38 anni di contributi richiesti ma nel 2022 sarebbero necessari 64 anni, nel 2023 65 anni e nel 2024 66 anni. Secondo quest’opzione, si potrebbe raggiungere l’età pensionistica anche grazie ai contributi. Dai 38 anni di contributi richiesti nel 2022 si salirebbe prima a 39 nel 2023 e poi a 40 nel 2024, così da agevolare chi ha iniziato a lavorare presto.

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Si potrebbe davvero ritornare alla Legge Fornero? Questa, prevede il pensionamento a 67 anni di età con un’anzianità contributiva minima di anni 20. A partire dal 31 dicembre 2021, gli esclusi dalla misura, in base all’età, vedranno un aumento di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento. Insomma, uno scalone immenso e un grave danno per i lavoratori che si ritroverebbero, in questo modo, ad andare in pensione anche nel 2029.

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Le altre opzioni

Una delle opzioni che pare al momento essere più valida, è ricorrere a strumenti pensionistici come l’Ape sociale, Opzione donna o i contratti d’espansione che permetterebbero l’uscita dal lavoro in maniera più flessibile. L’ape sociale è una misura introdotta in via sperimentale con la legge di bilancio 2017, destinata a soggetti in determinate condizioni. L’indennità viene erogata dall’Inps ed è a carico dello Stato: si rivolge a soggetti aventi determinate condizioni, che abbiano compiuto almeno 63 anni di età, e che non siano già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero. L’indennità è corrisposta fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia.

Con Opzione donna le lavoratrici possono uscire dal mondo del lavoro a 35 anni netti di contribuzione e 58 anni di età anagrafica, per le subordinate, 59 anni per le lavoratrici autonome. Infine, il contratto di espansione consente alle aziende una pluralità di azioni. In primis, far uscire personale a 60 mesi dalla pensione di anzianità; in secondo luogo, permette di assumere risorse qualificate; ma anche di utilizzare la Cigs fino a 18 mesi con una riduzione media oraria del 30% per i lavoratori privi dei requisiti per lo “scivolo”. Infine, permette di formare i dipendenti sulle competenze che necessitano di aggiornamenti. Il lavoratore che aderisce all’accordo percepisce una pensione pari a quella maturata al momento dell’uscita. Il costo, per tutta la durata dell’anticipo, è a carico dell’azienda, al netto del valore della Naspi spettante a chi va in prepensionamento.

Infine, il contratto di espansione può essere firmato dai dipendenti con meno di 60 mesi dal decorrere della pensione, sia quella di vecchiaia che quella anticipata. I lavoratori devono chiudere il rapporto entro il 30 novembre 2021. La pensione che poi riceveranno sarà cumulabile con qualsiasi reddito da altra attività lavorativa. Si ipotizza anche un fondo pensionistico che favorisca medie e piccole imprese così come ha proposto Claudio Durigon, responsabile Lavoro della Lega e sottosegretario al Mef.

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