Molti i problemi da affrontare dietro all’immagine fasulla resa dai programmi in tv: questa l’amara fuoriuscita del noto chef al Corriere della Sera.
Un Alessandro Borghese che non ti aspetti. Solitamente lo chef romano è sempre sorridente e ottimista, ma da questa intervista traspare tutta la sua amarezza verso un generazione che ha cambiato i parametri per scegliere un mestiere difficile come quello della ristorazione. Del resto lui stesso si rende conto di come quello che appare in televisione sia ben diverso dalla realtà nelle cucine. Cucinare in un ristorante richiede abnegazione e sacrificio, a fronte spesso di uno stipendio che non è proporzionato all’impegno, almeno nei primi anni di lavoro. Il risultato è non trovare persone disposte a mettersi in gioco, come lui stesso ha sottolineato, comprendendo però le diverse esigenze che sono emerse anche durante la pandemia. :”Sono alla perenne ricerca di collaboratori ma fatico a trovare nuovi profili, sia per la cucina che per la sala. Ci si è accorti che fare il cuoco non è un lavoro tutto televisione e luccichii, come si era iniziato erroneamente a pensare negli ultimi anni”. Borghese sottolinea come in una cucina si lavori per molte ore di fila, sempre sotto stress, cosa che del resto avviene anche nel servizio in sala, che richiede la perfezione, ancora di più oggi in cui i clienti possono “promuovere o bocciare” il ristorante con un click.
“Si è capito – prosegue Borghese – che lavorare è faticoso e logorante. E mentre la mia generazione è cresciuta pedalando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità: chi si affaccia a questa professione vuole certezze. Stipendi più alti, turni regolamentati, percorsi di crescita. In cambio del sacrificio di tempo, i giovani chiedono garanzie e gratificazioni. In effetti prima questo mestiere era sottopagato: oggi i ragazzi non lo accettano più”.
Alessandro Borghese non trova lavoratori per il suo ristorante: perché sta succedendo
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“Non si riesce a lavorare come potremmo e come vorremmo: finalmente c’è profumo di ripartenza – afferma lo chef – tornano le liste d’attesa nelle prenotazioni, questo ci fa ben sperare e ci inorgoglisce. Ma bisogna rinunciare a delle opportunità perché mancano le risorse”.
Sono finiti i tempi delle file fuori dai ristoranti per poter partecipare a un colloquio: “prima del Covid c’era la fila di ragazzi fuori dai ristoranti, oggi non si vuole più fare questo lavoro. Io ho un ritmo di due o tre colloqui al giorno, ma poi non riesco ad assumere, perché tanti non stanno davvero cercando, si vede che non sono interessati”.
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Una nota finale per porre l’attenzione sulle nuove esigenze del mercato: “Bisogna essere datori di lavoro seri, dare prospettive – ha concluso Alessandro Borghese – se vogliamo che questo settore sia centrale per l’Italia questa è l’unica strada. Senza personale qualificato non andiamo da nessuna parte, se si trovano male i clienti non tornano”.