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12 ore di lavoro pagate la metà, 200 euro al mese in un call center: l’Italia senza futuro

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Chiara Feleppa

Il mondo del lavoro sembra essere segnato dall’essere sottopagati, dalla mancata retribuzione, dal mancato riconoscimento. 

Sottopagati, dopo anni di studio o semplicemente per un’occupazione poco gratificante. A raccontare le loro storie, a Il Fatto quotidiano, sono stati alcuni lavoratori provenienti dai campi più di sparati. Così Alessandro, ex cuoco, ha lasciato quando l’orario è diventato di 15-16 ore con un finto part-time. Ora, in portineria, è pagato 2 euro all’ora più 2,50 di trasferta. Poi c’è Gabriella: “Ho fatto la stagista in un supermercato, alla fine mi hanno detto che ero brava ma farmi passare all’apprendistato era troppo costoso“, ha raccontato.

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E ancora Andrea, di Torino, autista di autobus per aziende private. “L’impegno è di 50/60 ore alla settimana, pagate ovviamente 39. Le ore di fermo in divisa nei piazzali non vengono retribuite, in base al contratto nazionale firmato dai sindacati: quindi capita di fare un turno dalle 6 del mattino alle 16/18 del pomeriggio ed essere pagati per 6 ore e mezza. Questo sei giorni su sette compresi i festivi. Ma spesso si lavora sette giorni consecutivi. Così diventa un incubo. Io ho 40 anni, un giovane difficilmente intraprende questo mestiere”, ha raccontato.

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Poi c’è Mirko, di Bergamo, un lavoratore ultra 50enne del settore vigilanza non armata in un’azienda elettronica. “Nel mio settore la paga da contratto nazionale è di 5,29 euro lordi all’ora. Praticamente per un tempo pieno 8 ore al giorno – 6 giorni di lavoro più due di riposo compresi sabato e domenica e tutti i festivi praticamente h24 – si percepiscono, compreso il bonus Renzi, tra 870 e 980 euro al mese. Ci mangi e ci paghi le bollette. Se succede un imprevisto sei nella m**** più assoluta”, racconta a Il Fatto Quotidiano. Non va meglio a Stefania, laureata in architettura e ingegneria edile in corso, con votazione superiore a 100. “Ho iniziato subito a lavorare in diversi studi tecnici: alla fine dei 3/5 mesi di prova la risposta era sempre la stessa. Dopo anni ho trovato un posto a tempo indeterminato come progettista in un negozio di rivestimenti e sanitari. Dopo i 2 mesi di prova ho firmato il tanto atteso contratto a 9,50 euro l’ora, salvo le 4 ore del sabato che erano “regalate” all’azienda”.

E le storie potrebbero continuare perché l’Italia del lavoro è quella dello sfruttamento, di ore non pagate, di meriti non riconosciuti. Per questo, per molti giovani l’opzione è fuggire. I cervelli in fuga sono quelli che abbandonano la propria casa e la propria terra per cercare riconoscimenti in paesi dove il mondo del lavoro funziona diversamente e, fortunatamente, meglio.

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