Può accadere che l’Inps ti chieda indietro dei soldi: quali sono i motivi, le date per la restituzione e quando invece l’Istituto di previdenza non può farlo.
Mettiamo un funzionario dell’Inps sbagli i calcoli e un pensionato ha percepito un importo superiore a quello che gli spettava. L’Inps può chiedere i soldi indietro? La premessa da fare è che la legge consente all’Inps di ricalcolare in qualunque momento gli importi spettanti ad una determinata persona e confrontarli con quelli corrisposti.
Nel caso in cui l’errore sia di un funzionario, c’è da stare tranquilli: non possono essere chiesti indietro i soldi. Diverso, invece, quando c’è stato il dolo del soggetto, che magari non ha dichiarato tutti i redditi percepiti o ha dichiarato maggiori familiari a carico. In questo caso, l’Inps è legittimato a chiedere indietro i soldi.
Lo stesso discorso vale per la restituzione dell’assegno di disoccupazione (NASPI), nel caso in cui le somme siano state illegittimamente percepite nonostante fossero venute meno le condizioni per avervi diritto o per l’assegno di invalidità, se si scopre che il soggetto non rispondeva ai requisiti individuati dalla legge.
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In presenza di una situazione di dolo, l’Inps può chiedere indietro i soldi entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui sono state erogate le somme che non spettavano. Trascorso il termine, le somme diventano irripetibili: non dovremo restituire nulla.
Ci sono però due eccezioni che spostano molto più in là la scadenza temporale. Infatti, nel caso di omessa dichiarazione dei redditi da parte di un soggetto, il termine di prescrizione è di dieci anni. È invece di cinque anni per la richiesta contributiva, cioè la richiesta di pagamento per i contributi non versati.
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Posto che l’errore non sia addebitabile all’Inps, ci sono tutte una serie di situazioni che possono verificarsi e in cui la somma è stata versata in mancanza di requisiti. Ad esempio le prestazioni erano incumulabili o incompatibili con altre prestazioni. Non erano dovute in base ai limiti reddituali o incumulabili con i redditi di lavoro. Infine, se le prestazioni sono state erogate anche dopo il decesso del pensionato.
Naturalmente, il penisionato ha diritto di fare ricorso, nel caso in cui, fatti tutti gli accertamenti preliminari, le richieste dell’Inps risultino illegittime. Ad esempio, nel caso in cui ci siano degli errori negli importi di cui l’Inps chiede la restituzione o nelle motivazioni. Conviene sempre controllare, inoltre, se siano nel frattempo intervenute prescrizioni che rendono la richiesta dell’INPS irripetibile.
Il soggetto che ha ricevuto la comunicazione a questo punto può instaurare un ricorso amministrativo preliminare e procedere con un’azione giudiziaria. Se il ricorso non va a buon fine (ad esempio in caso di riscontro negativo o di silenzio diniego) è possibile fare causa all’INPS.
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