Cambia ancora il meccanismo di rivalutazione delle pensioni per il 2022, comportando un aumento maggiore per gli assegni più pesanti.
C’è che potrebbe godere a pieno del 2022. Si tratta dei cosiddetti pensionati d’oro che potrebbero ricevere un ulteriore aumento delle pensioni per la nuova modalità di rivalutazione annua. Infatti la legge prevede per il triennio 2019-2021 una suddivisione degli assegni mensili in sei fasce, che però per il 2020 sono ridotte a cinque. Questo consente di recuperare la perdita di potere d’acquisto per chi percepisce fino a quattro volte il trattamento minimo, fissato per il 2021 a 515,58 euro. Per chi invece prende cifre superiori, sono previste queste rivalutazioni: il 77% tra 4 e 5 volte, il 52% fra cinque e sei volte, il 47% tra 6 e 7 volte, il 45% fino a 4566 euro e infine il 40% per gli importi superiori.
Va sottolineato che questo meccanismo è transitorio e per il 2022 potrebbe essere introdotta una rivalutazione più favorevole per chi già percepisce una pensione elevata. Infatti gli assegni fino a 4 volte il minimo potrebbero salire al 100%, quelli tra quattro e cinque al 90% e quelli sopra i cinque al 75%.
Rivalutazione delle pensioni, aumento netto per quelle d’oro nel 2022
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Inoltre dal prossimo anno anni si dirà addio al contributo di solidarietà per gli assegni più alti. La durata, prevista inizialmente in cinque anni, è stata accorciata dalla Corte Costituzionale a tre anni per le pensioni d’oro. Era un contributo fisso del 15% per gli assegni tra 100mila e 130mila euro, al 25% per quelli tra 130mila e 200mila euro, al 30% per le pensioni tra 200mila e 350mila euro, al 35% per le cifre comprese tra 350mila e 500mila euro e al 40% al di sopra dei 500mila euro.
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Che cosa succede a un pensionato con un assegno annuo lordo di 150.000 euro? Per effetto del venir meno del contributo di solidarietà, percepirà 9.500 euro in più. A confronto, sembrano noccioline i circa 600 euro in più all’anno di aumento proveniente dalla rivalutazione più favorevole. Circa +10.000 euro, qualcosa come oltre 830 euro al mese. A rimetterci sarà chiaramente lo stato, che stima in 4 miliardi il maggiore esborso per effetto del nuovo metodo di rivalutazione, mentre il minore gettito per il cessato contributo di solidarietà ammonterebbe a un’ottantina di milioni. I pensionati con assegni annui sopra i 100.000 euro sono 90.000, comunque una platea ridotta che costa all’INPS mediamente 6,5 miliardi all’anno.