Il crollo e il successivo boom del PIL italiano con la pandemia avrà effetti sulle pensioni, attraverso il calcolo del montante contributivo.
Inevitabilmente l’andamento dell’economia influirà anche sull’importo delle pensioni. La fisarmonica a cui abbiamo assistito – il crollo verticale del 2020, seguito all’impennata 2021 – sarà determinante per il calcolo contributivo. Questo metodo sarà calcolato per tutti quelli che al 31 dicembre 1995 hanno maturato 15 anni di anzianità, tutto in base alla legge Dini che è poi stata integrata dalla legge Fornero per i lavoratori che al 31 dicembre 2011 hanno maturato 18 anni.
Per gli importi soggetti al metodo contributivo gli assegni delle pensioni si ottengono sommando tutti i contributi versati negli anni considerati dal lavoratore. Essi vanno rivalutati annualmente di un tasso pari alla crescita media quinquennale del PIL italiano fino al secondo anno precedente. Ad esempio, nell’anno 2021 la rivalutazione riguarda tutti contributi versati dal lavoratore al 31 dicembre 2019. I contributi versati nell’anno 2020 si sommano ai precedenti senza alcuna rivalutazione, la quale per essi avverrà a partire dall’anno prossimo.
In base ai recenti dati statistici il Pil italiano è sceso dell’8,9% in termini reali per il 2020, in conseguenza della pandemia e quindi il quinquennio 2016-2020 è negativo, nel suo complesso. Quindi il tasso di rivalutazione sarebbe di 0,9999785, con un montante contributivo negativo.
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Per evitare un decremento una legge del 2014 conferma che questo per fortuna non è ammissibile e che comunque deve essere prevista una rivalutazione il prima possibile. Cosa significa? Già nel 2023, grazie a un PIL nominale atteso in aumento quest’anno del 7,5%, la crescita media quinquennale tornerebbe positiva. Di quanto, lo sapremo solo a consuntivo. Da quel dato, però, dovrà essere sottratto un valore pari a -0,000215. Dunque, la cosiddetta “clausola di salvaguardia” del 2014 garantisce i contributi delle pensioni erogate subito dopo la mancata rivalutazione negativa, ma al contempo trasferisce la perdita sulle pensioni future.
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Questi sono ovviamente degli oneri di cui si farà carico lo stato, ma solo durante la futura fase di crescita. Per quei lavoratori che dovessero andare in pensione nel corso di quest’anno ci sarà un effetto negativo dello 0,000215 per il calcolo dell’assegno che quindi potrà essere recuperato – e superato – negli anni futuri.
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