La riforma del catasto non aumenterà le tasse? Un’associazione di professori universitari sottolineano i rischi che corrono i proprietari delle case.
Lettera 150, associazione di docenti, ha analizzato il progetto di riforma proposto dal Governo Draghi, che vuole rimettere mano alla situazione immobiliare italiana con un’analisi che si concluderà nel 2026. A fronte di questo studio è stato calcolato che il 94% dei proprietari di immobili ha un reddito compreso fino a 55mila euro e comunque il 23% non ha un reddito superiore a 10mila euro. Ancora, il 45% ha entrate nella forbice tra 10 e 26 mila euro, mentre il 26% si colloca tra 26 e 55mila euro. Solamente il 6% della popolazione proprietaria supera quindi la soglia dei 55mila euro.
Lo studio indica la strada da percorrere per la riforma, che deve perseguire principi precisi e trasparenti. Il rischio, al contrario, è di creare un sistema che non bilanci i poteri, dando troppo potere all’Agenzia delle entrate che diventerebbe legislatore, giudice e riscossore. Proprio per questo viene auspicato un confronto con la categoria interessata, pena una riforma imposta e dunque inaccettabile.
Il problema risiede infatti negli inviti che la Commissione UE ha inviato al governo: in primis quello dell’aggiornamento degli estimi catastali, finalizzato al reperimento delle risorse e quindi ad un aumento delle tasse, secondo a reintrodurre l’Imu sulla prima casa, una decisione che sarebbe accolta più che negativamente da quasi tutta la popolazione.
Per il governo questa riforma serve solo per effettuare una “fotografia” dei valori patrimoniali esistenti e di quelli reddituali di mercato, ma questo suscita dubbi tra i professori universitari, perché i valori catastali hanno la funzione di comparare tra di loro immobili diversi, situati in zone diverse del Paese, valutandoli con parametri uguali, e non di intercettare valori di mercato per ciò stesso sempre mutevoli e incerti.
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Il costo della riforma, molto alto, lascia immaginare una finalità che mira all’aumento dell’imposta. I dubbi sulle reali intenzioni del Governo sono fondati, sia per la equivocità di alcuni passaggi della delega fiscale, sia, soprattutto, perché la raccomandazione dell’Unione Europea di rivedere gli estimi si accompagna espressamente con la richiesta di aumentare la tassazione sugli immobili. Tutto questo avviene inoltre senza che l’UE abbia competenza sulle politiche fiscali, senza pensare che l’imposizione fiscale sugli immobili in Italia è già superiore alla media Ocse del 5,5%.
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