Fatture in contabilità che il Fisco giudica false, cosa rischiamo

Cosa rischia chi riceve e contabilizza fatture consapevolmente per non pagare tasse nel 2021. A rischio ci sono pulizia e manutenzione, beni a contenuto tecnologico, attività di consulenza e pubblicitarie, logistica, carburanti.

Fattura (foto Adobestock)
Fattura (foto Adobestock)

Contabilizzare fatture false provoca una dichiarazione fiscale falsata e viene sanzionata pesantemente, con il pagamento maggiorato tra il 120 e il 140% delle imposte dovute con un minimo di 250 euro. Inoltre c’è anche il rischio di subire una reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni se si indica in dichiarazione dei redditi costi fittizi grazie alle fatture false.

Chiaramente l’emissione espone a gravi rischi fiscali e penali, ma vale lo stesso anche per chi le riceve consapevolmente e le contabilizza per cercare di pagare meno tasse? Nel momento in cui si emette i rischi sono altissimi. Infatti l’apposizione in bilancio della fattura falsa come costo di esercizio e per la detrazione dell’Iva relativa all’acquisto è l’operazione decisiva che espone a conseguenze fiscali e penali. La dichiarazione fiscale che si genera infatti è falsata, sanzionabile con il pagamento tra il 120 e il 140% delle imposte con un minimo di 250 euro. Se le imposte non sono dovute la sanzione è compresa tra i 250 e i 1000 euro e possono addirittura raddoppiare per chi è obbligato alla tenuta di scritture contabili.

Cosa rischia chi riceve consapevolmente fatture false per non pagare le tasse

Fattura (foto Adobestock)
Fattura (foto Adobestock)

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Dunque chi riceve e contabilizza fatture consapevolmente per non pagare tasse è punito con l’irrogazione del 30% sull’importo della maggiore imposta non versata in quanto l’utilizzo di fatture false è strumentale a un inferiore versamento delle imposte dovute. Dal punto di vista penale, se indica nella dichiarazione dei redditi o Iva costi fittizi grazie alle fatture false, rischia da 1 anno e 6 mesi a 6 anni di reclusione.

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Ma quali sono i settori più a rischio? Secondo Banca d’Italia sono quelli di pulizia e manutenzione, beni a contenuto tecnologico, attività di consulenza e pubblicitarie, logistica, carburanti, commercio di autoveicoli, materiali ferrosi, edile, trasporto su strada, beni alimentari, metalli preziosi. In più queste imprese sono spesso prive di strutture organizzative reali, funzionali allo svolgimento di un’attività economica effettiva, che hanno una sede legale distane da quello che è il centro di interesse o operativo, oppure che cessano improvvisamente la loro attività ma che rimangono a lungo in stato di liquidazione.

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