I debiti degli italiani nei confronti del Fisco sono saliti a quasi 1.000 miliardi di euro. Impossibile smaltirli velocemente, occorre una riforma delle riscossioni.
Il Fisco ha in archivio debiti per che gli italiani devono all’Agenzia delle Entrate del valore complessivo di quasi 1.000 miliardi di euro. 999,1 miliardi per essere precisi. Una cifra assurda, che la burocrazia italiana non riesce a smaltire con gli strumenti correnti. La necessità di una riforma sulle riscossioni dei debiti si profila quindi particolarmente urgente e nonostante la rottamazione di molte delle cartelle esattoriali in seguito alla pandemia, rimangono ancora troppi versamenti che gli italiani devono pagare allo Stato, e lo Stato non ha gli strumenti adatti per ottenere efficacemente e velocemente quei soldi. Il Ministero di Economia e Finanza ha quindi proposto una soluzione che potrebbe far storcere il naso a molti contribuenti: un potenziamento degli strumenti a favore della riscossione fiscale, primo tra tutti, il pignoramento.
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Il Mef fa riferimento a un uso più elevato delle banche dati dei conti correnti in modo da poter eseguire pignoramenti mirati verso i debitori del Fisco. La questione dei pignoramenti risalta in quanto il sistema attuale non risulta abbastanza efficace, in quanto i conti correnti dei debitori più importanti sono spesso poco capienti o direttamente a saldo zero se non negativo. Con il nuovo metodo, il Fisco avrebbe accesso massivo all’Anagrafe dei rapporti finanziari, in modo da verificare in anticipo quali dei soggetti iscritti a ruolo sono intestatari di rapporti finanziari capienti per procedere ai conseguenti pignoramenti. Il Fisco avrebbe, in sostanza, accesso diretto ai conti correnti dei 18 milioni di italiani debitori a vario titolo, in modo da potere eseguire i pignoramenti delle somme necessarie a coprire le cartelle esattoriali.
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Ad oggi il reperimento di informazioni attuali da parte del Fisco è fin troppo lento e macchinoso. La stessa Anagrafe dei rapporti finanziari riceve comunicazione dei saldi solo una volta all’anno, il 15 febbraio dell’anno successivo a quello a cui si riferiscono le informazioni. Questo significa che anche controllando oggi le informazioni, queste sarebbero datata 2019. Troppo vecchie per il Fisco. Con la riforma prevista dal Mef, la trasmissione dei dati diventerebbe mensile e l’accesso del Fisco a quegli stessi dati molto più facile, in modo da poter individuare immediatamente i conti correnti pignorabili. Dal punto di vista del contribuente, tuttavia, sarebbe una grave violazione della privacy e una ulteriore stretta del Fisco al collo dei contribuenti, che si vedrebbero conti correnti o stipendi o pensioni pignorati con molta più facilità rispetto a come avviene adesso.