Si torna a parlare di riforma del catasto. Il rischio è quello di un aumento delle tasse e delle imposte dovute.
Ci aveva provato Romano Prodi a tentare una riforma del catasto e, il Professore, non è stato il solo. Nel tempo, molti governi hanno tentato invano di attuare la riforma del catasto , suggerita anche da organizzazioni internazionali che propongono la riforma per raggiungere un’eventuale parità fiscale. Tuttavia, uno dei motivi di stallo è che la riforma produrrebbe significative redistribuzioni del peso della tassazione tra individui. Aumenterebbero anche le tasse locali, nelle entrate relative delle regioni e dei comuni. Infatti, il sistema tributario italiano prevede varie imposte e tasse sugli immobili come l’Irpef, l’Imu, la Tasi. Tutte queste, hanno come base imponibile il valore dell’immobile detto anche valore catastale.
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L’idea di una revisione dei valori imponibili degli immobili e quindi di riforma del catasto ha ripreso forma dopo un atto di indirizzo alle amministrazioni fiscali per il triennio 2021-2023 inviato dal Mef, che ha come obiettivo dichiarato quello di ottenere un “costante aggiornamento dell’anagrafe immobiliare integrata per associare a ogni immobile posizione geografica, caratteristiche geometriche, quotazioni di riferimento della zona e soggetti titolari di diritti e quote”. Secondo il Corriere, se si arrivasse ad adeguare i valori catastali a quelli di mercato, a Milano si avrebbe un aumento dell’Imu del 174%, a Roma del 56%, a Napoli del 108% ed a Torino del 46%.
La modifica della categoria e classe degli immobili rispetto a quelle ora riconosciute potrebbe aumentare gli incassi dovuti all’Agenzia delle Entrate. A risentirne sarebbero soprattutto alcune città come Milano, in cui oggi sono state individuate 41microzone. Nel caso di un cambio di classe, il valore fiscale aumenterebbe addirittura del 40% e potrebbe, in casi limite, aumentare dell’80%. Tra i maggiori rischi di aumento rientrano le case indipendenti in centri piccoli o località di villeggiatura, che passerebbero dalla categoria A7 alla A8 (ville).
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E’ l’inventario di tutti i beni censiti nel territorio dello Stato; vengono elencati i nomi dei possessori o titolari dei diritti reali su detti beni. Si parla di catasto rustico o catasto terreni se l’inventario si riferisce a beni fondiari o terreni. Si parla di catasto edilizio urbano se si riferisce ai fabbricati civili. Tra i beni registrati, sono comprese anche le superficie occupate da strade ed acque. Il catasto assolve essenzialmente a funzioni fiscali, ma è di notevole utilità anche per fini civilistici. E’ utile, ad esempio, per il supporto del servizio di pubblicità immobiliare; per progettazioni; per analisi ambientali; per avviare politiche green.
Per quanto riguarda il catasto urbano, l’operazione di registrazione dei beni viene eseguita per unità immobiliare, ossia per ogni parte di immobile autonomamente utilizzabile atta a produrre un reddito proprio. Ad esempio, in un edificio possono essere presenti più unità immobiliari e più edifici possono costituire una medesima unità immobiliare, come i complessi scolastici o industriali.
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Nel catasto, per ogni unità immobiliare sono riportati i suoi elementi di identificazione: Comune, Sezione (eventuale), Foglio, Particella, Subalterno, consistenza, categoria, classe di redditività e rendita catastale; i soggetti titolari di diritti reali sull’immobile; i possessori; le planimetrie. Nella legge del 2014 per la riforma catastale, è stato stabilito che il valore patrimoniale medio dovrà essere stabilito sulla base del valore di mercato, espresso in metri quadrati e determinato con funzioni statistiche. Di conseguenza, anche la rendita catastale andrà calcolata in metri quadrati
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