Sarà un autunno complicato per la riforma del fisco e delle pensioni: due passaggi obbligatori per il Governo dopo il Recovery Plan.
I fondi per il PNRR infatti sono vincolati proprio ad un cambiamento strutturale che l’Europa ha chiesto al nostro paese. Dopo aver ricevuto la prima tranche di 24,9 miliardi, ora sarà necessario provvedere a queste due importanti riforme per consentire ancora l’erogazione del fondo.
Partiamo dalla riforma fiscale, che potrebbe vedere la cancellazione dell’IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive e soprattutto la riduzione del cuneo fiscale, ovverosia la differenza tra i costi del lavoro e quanto realmente percepisce il lavoratore. Tutto questo ovviamente dovrebbe costituire un volano per l’occupazione, visto che le aziende, sgravate da tasse che ne limitano la ricerca di personale, possano sbloccare le assunzioni.
Ovviamente non si parla di tassa patrimoniale, messa nel dimenticatoio dopo la proposta di Letta, mentre la riduzione dell’Irpef sarà discussa in un secondo momento. I tempi della riforma sono stati presentati lo scorso 22 luglio dal ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco. Per questa riforma saranno disponibili 3 miliardi di euro stanziati con l’ultima legge di bilancio. Una delle ipotesi per l’Irap è l’assorbimento nell’Ires e per questo servono proprio 3 miliardi per coprire i versamenti di chi paga questa imposta sulle società.
Per quanto riguarda il cuneo fiscale, Franco insiste che dovrà essere abbassato per favorire le politiche di assunzione: il tasso di occupazione in Italia è ancora troppo basso, soprattutto al Sud.
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Entro fine anno sarà necessario decidere il futuro di Quota 100 per le pensioni, ma già da settembre potrebbe accadere qualcosa. Il Cdm ha in programma una discussione sull’argomento, proprio alla ripresa dei lavori parlamentari, quindi con un certo ritardo rispetto al cronoprogramma del PNRR, ma da Palazzo Chigi assicurano che lo slittamento non comporterà ritardi nella decisione.
Ancora non sono state presentate proposte sul tavolo, ma una delle più interessanti è quella del presidente di Intinerari Previdenziali, Alberto Brambilla. Secondo questa idea si dovrebbe rendere stabili la pensione di vecchiaia anticipata, con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne e che scadrà nel 2026. Insieme a questa si potrebbe confermare la pensione di vecchiaia con 67 anni di età e almeno 20 di contribuzione.
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La pensione di vecchiaia anticipata può prevedere agevolazioni per alcune categorie, come le donne madri con 8 mesi di anticipo per ogni figlio, i caregiver, un anno e i precoci, maggiorando del 25% gli anni lavorati tra i 17 e i 19 anni di età.
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