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Pace fiscale e pensione anticipata senza aver versato tutti i contributi: le scelte che presto dovrai fare

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Giulia Belardinelli

Probabilmente dopo la Quota 100 si andrà in pensione a 64 anni anziché a 62, ma con meno contributi versati. Si pensa però anche a tutelare i giovani.

La Quota 100 scadrà il 31 dicembre 2021 e pare che non verrà prorogata. Si attende dunque una Riforma del sistema pensionistico, mentre sale il timore che quei lavoratori che non rientreranno nella Quota 100 si troveranno a dover lavorare 5 anni in più. Per il momento il Governo ancora non ha deciso, ma le ipotesi sono molte. Per attuare la Riforma sarà fondamentale non gravare sui conti pubblici, servirà flessibilità e contemporaneamente un costo non troppo alto per lo Stato. Nel frattempo i sindacati premono per conservare le basi poste dalla Quota 100.

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I margini di manovra sembrano parecchio stretti, e in assenza di un intervento chiaro il rischio è che si torni alla legge Fornero, con una pensione a 67 anni o con 42 anni di contributi a prescindere dall’età. L’ipotesi più probabile, ovvero la Quota 41, è stata scartata per cercare soluzioni meno onerose per le casse dello Stato. Al momento si sta riflettendo sul pensionamento a 64 anni, una via di mezzo con due anni in più a livello anagrafico (rispetto alla Quota 100), ma due anni in meno di contributi, per un totale di 36 anni. Si tratta di un’opzione già esistente, ma riservata ai lavoratori il cui accredito contributivo è successivo al 31 dicembre 1995.

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Le altre ipotesi in campo

Non sono solo queste le priorità del Ministero del Lavoro. Infatti, prima di tutto, si cerca di fornire maggiori tutele per i giovani, che molto spesso hanno carriere e redditi sempre più bassi e discontinui. Non avendo un’integrazione al trattamento minimo, bisogna che i giovani abbiano una misura che li aiuti a evitare di varcare la soglia di povertà, una volta che andranno in pensione. Proprio per questo si valuta se rendere più strutturata la misura della pensione di cittadinanza. Ci sarebbe inoltre l’idea di ricorrere alla pace contributiva, una norma che consente ai lavoratori in attività dal 1996 di sanare i propri vuoti nei versamenti contributivi.

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