Alcuni influencer francesi e tedeschi hanno ricevuto alcune proposte per screditare il vaccino di Pfizer-BioNTech, alimentando il business delle fake news.
In 7 mesi ( al 30 luglio 2021) sono stati 149mila i contenuti online pubblicati sui vaccini. Secondo uno studio della Fondazione Mesit – Fondazione per la Medicina Sociale e l’Innovazione Tecnologica – riportato da Repubblica, molte di queste notizie hanno avuto un impatto devastante e destabilizzante sull’opinione pubblica. Lo studio, realizzato in collaborazione con Reputation Manager – società di analisi e gestione della reputazione – e con il Eehta-Ceis dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ha provato a tradurre in dati oggettivi l’impatto di una cattiva comunicazione sul Coronavirus.
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Secondo il report, ci sono stati picchi di attenzione sul tema dei vaccini contro il Coronavirus che hanno raggiunto il loro massimo tra novembre 2020 e maggio 2021. Il report ha analizzato oltre 149mila contenuti online relativi ai vaccini Covid-19, circa mille contenuti al giorno. Tra i contenuti potenzialmente fake relativi ai vaccini Covid-19, uno su due riguarda la pericolosità degli effetti avversi (49,3%). Infatti, proprio la pericolosità degli effetti dei vaccini contro il Covid-19 ha interessato la metà dei contenuti potenzialmente fake (49,3%). Seguono tematiche relative alla natura sperimentale del vaccino, di cui il 18,2% delle conversazioni potenzialmente fake.
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Tra gli argomenti delle conversazioni, la mancanza di dati sperimentali e i potenziali effetti catastrofici dei vaccini anti Covid-19 sulla popolazione. Si è invece parlato meno della composizione del vaccino (11,3%); interessi economici delle case farmaceutiche produttrici (10,9%); effetti dei vaccini sul Dna (4,3%); legami con l’autismo (2.3%).
Quello sulle fake news è diventato un vero e proprio business. Infatti, come riferisce Agendadigitale, già a maggio numerosi influencer francesi e tedeschi hanno ricevuto alcune proposte per screditare il vaccino di Pfizer-BioNTech. Un’agenzia di PR, con base a Londra, si era offerta di pagarli per promuovere contenuti per conto di un cliente. L’influencer doveva riferire le parole di un documento, che riportava cosa esattamente dire e su quali piattaforme veicolare il messaggio, chiaramente dietro compenso.
A denunciare la faccenda era stato Leo Grasset, youtuber con circa 1,2 milioni di abbonati. La situazione sembra rispondere a ciò che gli analisti di cyber-sicurezza statunitensi definiscono “disinformazione a noleggio”, una vera e propria industria di promozione della falsità.
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