La carenza di chip rischia di riportarci indietro di 40 anni: ecco quanto durerà questa grave emergenza mondiale.
Ci troviamo in una situazione mai vista prima, conseguenza della “tempesta perfetta”. Tutto parte ovviamente dalla pandemia per Covid-19, che dall’inizio del 2020 ha bloccato per lungo tempo le fabbriche produttrici di chip, che si trovano per la quasi totalità nei paesi asiatici ed in parte negli Stati Uniti. La Cina in particolare detiene la produzione quasi totale e lo stop imposto per combattere il Coronavirus ha causato un accumulo impressionante degli ordinativi.
La ripartenza, a ritmi blandi, ha provocato ulteriori ritardi che potranno solo essere compensati a medio termine. Questo ha comportato l’impossibilità per milioni di industrie di fabbricare quello che negli ultimi anni abbiamo sempre trovato in abbondanza: smartphone, televisori, smartwatch, ma anche frigoriferi, lavatrici, automobili: oramai la quasi totalità degli oggetti elettronici utilizza chip.
La prima conseguenza è stato il repentino aumento di prezzi, un aspetto che non mai stato incontrato prima, tanto che le curve dei prezzi dei prodotti hi-tech è sempre stato in discesa.
Ma non è questa l’unica causa per la situazione di emergenza che stiamo vivendo. La Cina infatti, nel corso dell’ultimo anno, ha fatto razzia delle cosiddette “terre rare”, quei materiali necessari per fabbricare chip ed altre componenti elettronici. Il paese orientale ha accumulato questi materiali, provocandone la scarsità ed il conseguente innalzamento dei prezzi.
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L’Intel, il principale produttore di semiconduttori americano, conferma che questa carenza si protrarrà fino al 2023. L’amministratore delegato Pat Gelsinger ha confermato che le tempistiche saranno estremamente lunghe. Del resto la previsione è confermata anche dall’analisi della società di consulenza Forrester, che parla di almeno altri 2 anni di emergenza.
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La notizia viene poi confermata anche dall’altro lato del Pacifico, da Taiwan Semiconductor: la produzione non sarà in grado di rispondere alla pressione della domanda per tutto il 2022, con un parziale recupero solo nei mesi finali del prossimo anno. Proprio la domanda ha alzato i prezzi, provocando una crescita degli utili dei produttori di Chip. La conferma arriva dalla stessa Intel, il cui fatturato è salito del 2% rispetto al secondo trimestre 2020 con un giro d’affari complessivo di 72,7 miliardi.
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