Riforma fiscale, nessuna rivoluzione per l’IVA, ma cambieranno le aliquote su tutti questi beni in vendita.
Nessun cambio di paradigma quindi, almeno per l’immediato. Chi chiedeva una profonda riforma dell’imposta sul valore aggiunto sarà deluso, ma il governo Draghi ha dovuto fare i conti con i fondi disponibili, in attesa che inizino ad arrivare quelli del Recovery, legati al PNRR nazionale.
Anche il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha confermato che sarà necessario fare una attenta spending review per mantenere integri i conti, ribadendo che 900 miliardi di spesa pubblica ed un debito al 160% non consentono ampi spazi di manovra.
Alcune operazioni saranno quindi rimandate almeno al prossimo anno, come la riduzione del peso fiscale e la modifica dell’IVA, uno dei nodi cruciali della riforma. Gli esperti hanno già delineato una linea guida che prevede comunque una revisione quanto meno delle aliquote, che punta senza mezzi termini alla semplificazione merceologica. Questo prevede lo spostamento di alcuni beni verso una percentuale aggiunta più bassa e lo spostamento di altri verso quella massima.
Revisione dell’IVA, come cambieranno le aliquote ed i beni tassati
Come cambierà dunque questa imposta indiretta? Anche in questo caso il governo vorrebbe stimolare la ripresa economica con la ripresa dei consumi, un piano appoggiato da parte del Parlamento.
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Una delle ipotesi è di confermare le quattro aliquote attualmente esistenti, il 4%, 5%, 10% 22%. Quello che dovrà cambiare è la distribuzione dei beni al loro interno. C’è un punto fermo che non potrà essere modificato, quello della parità di gettito. Con questo si intende che lo stato dovrà comunque incassare la stessa cifra, senza alcuna riduzione, per cui non ci sarebbe comunque una copertura.
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Va chiarito un aspetto fondamentale, soprattutto per il ceto più debole. Difficilmente assisteremo ad una variazione dei beni primari, quelli assoggettati all’aliquota del 4% e ritenuti intoccabili. Da verificare quelli al 10%, legati alle attività Horeca – quelle che più hanno sofferto per la pandemia. L’ipotesi plausibile è che vengano riviste le quote delle cedolari secche, per ora al 10% e al 21%. La battaglia in Parlamento sembra lunga e si giocherà, con tutta probabilità al termine del semestre bianco, dopo l’elezione a febbraio 2022 del nuovo Presidente della Repubblica.