In Italia circa il 40% delle persone vive con una animale domestico. Una impegno non da poco che lo stato intende supportare con un bonus apposito.
Si calcola che durante il 2020, periodo di lockdown, siano stati circa 10.000 i gatti adottati dalle famiglie italiane, e circa 8.000 i cani. Questa impennata di adozioni ha avuto effetti sicuramente positivi sull’umore generale delle persone durante il buio e reclusivo periodo dell’auto reclusione forzata, ma bisogna tener conto che avere un animale domestico è prima di tutto un impegno. Un cane o un gatto hanno bisogno di attenzione continua e annuali visite veterinarie che rischiano di essere molto costose per i loro padroni. Così, nel 2021, il governo Draghi ha deciso di inserire nella Legge di Bilancio un bonus apposito per i possessori di animali domestici.
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Il bonus si sostanzia in una detrazione fiscale concessa ai proprietari di animali domestici, cani e/o gatti, a copertura delle spese per visite veterinarie. Rispetto alla sua versione precedente, il bonus animali 2021 aumenta la propria soglia massima di spesa ammessa a detrazione, da 500 a 550 euro massimi. Nessuna modifica invece per la franchigia da 129,11 euro. Su una spesa massima di 550 euro di spese veterinarie, quindi, viene detratta la franchigia di 129,11 euro, sulla differenza bisogna calcolare poi la detrazione del 19%. Il risultato è lo sconto, o per meglio dire, il rimborso, concesso al proprietario sul totale delle spese. L’ammontare dello sconto non può però superare gli 80 euro.
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Le spese ammissibili per la richiesta del bonus animali sono tutte quelle spese mediche in favore degli animali domestici: acquisti di farmaci, interventi chirurgici, esami di laboratorio e qualsiasi altra visita veterinaria. La cosa essenziale è poter dimostrare di essere il proprietario dell’animale domestico, e qui cominciano i problemi. Se per un cane la dimostrazione è semplice visto che c’è l’obbligo di registrazione all’anagrafe canina e del microchip, per un gatto le opzioni sono due: dimostrare la proprietà tramite la fattura dell’acquisto o, se il gatto in nostro possesso è un randagio, munire anch’esso di un microchip.
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