La sperimentazione di Quota 100 terminerà con il finire dell’anno ed è possibile tirare le somme sul lascito della misura.
Quota 100 è un metodo di pensionamento anticipato che permette di andare in pensione con età anagrafica di 62 anni e almeno 38 anni di contributi. La misura, messa in atto dal governo Conte nel 2019 e fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega, è rimasta attiva in via sperimentale per il triennio 2019-2021 e, come confermato dal governo Draghi, la sperimentazione non verrà rinnovata per il 2022. Secondo i dati dell’INPS, ricavati da un’analisi su un campione di 70.000 aventi diritto a Quota 100, è possibile avere un quadro chiaro di come ha funzionato la misura, ragionando per categorie.
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La conclusione deducibile dall’analisi ha del paradossale. Si può notare infatti che chi ha usufruito di Quota 100 sono principalmente concentrati tra i dipendenti del settore pubblico e privato, categorie con un reddito medio annuo di 36.000 euro, piuttosto alto rispetto alla media italiana. Una categoria che tradizionalmente tende a votare per il Partito Democratico piuttosto che per la Lega. Le cifre rivelano che sono lavoratori autonomi e del settore agricolo i maggiori sostenitori della Lega, e questi non hanno potuto usufruire di Quota 100.
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Le richieste di Quota 100
I dati raccontano quindi che a ottenere maggiore vantaggio da Quota 100 sono stati maggiormente gli elettori del Partito Democratico rispetto all’elettorato leghista e i ceti benestanti piuttosto che quelli più svantaggiati. C’è però un ulteriore dato interessante: secondo i dati INPS le donne che hanno fatto richiesta per Quota 100 sono state l’11% inferiori rispetto agli uomini. Lo scarto non è da poco, considerando che l’assegno anticipato è stato richiesto dal 44% dei lavoratori che ne hanno diritto.