La moda sostenibile sta cambiando il mondo del fashion: perché potrebbe costituire un business redditizio per i prossimi anni.
Ci troviamo di fronte ad un cambio di paradigma e per comprenderlo basta tornare indietro, alle origini della massificazione della moda. Da couture elitarie e destinate ai clienti più facoltosi, le case hanno modificato il loro target con la nascita del pret-a-porter, offrendo capi meno costosi e capaci di catturare l’attenzione di milioni di consumatori.
Così dagli anni ’70 sono nate anche diverse maison italiane che hanno fatto la storia del fashion e imponendosi in tutto il globo. Il consumismo globale seguito alla caduta del muro e alla liberazione degli acquisti in Cina ha poi aperto canali enormi di acquisto, che hanno modificato il modello di business iniziale.
Le leggendarie “sartine” hanno lasciato il posto a industrie, inizialmente presenti proprio sui territori nazionali per sfruttare le conoscenze sul campo. La globalizzazione e la ricerca della scalabilità dei costi ha portato poi alla dislocazione in paesi dove la manodopera è molto meno cara e dove le regole sindacali sono meno rigide. Soprattutto però sono stati scelti territori dove la legislazione ecologica è meno rigida. Le conseguenze sono purtroppo oggi note a tutti: l‘industria tessile e della moda inquina a causa dell’utilizzo di materie chimiche, sfrutta le falde acquifere impoverendole ed emette grandi quantitativi di CO2.
Oggi per fortuna la consapevolezza è cambiata. Siamo in piena emergenza climatica e ciascuno deve dare il contributo, anche crescendo nella consapevolezza dei propri consumi. questo impone delle scelte, come ad esempio non acquistare capi che provengono da uno sfruttamento indiscriminato di lavoratori e territorio. In questi casi si parla di moda etica, ma la “Generazione Greta” ha posto il focus anche sull’Eco Fashion.
Il mantra è dunque eliminare l’impatto ambientale, continuando a produrre e generare reddito. Non sono termini in contrapposizione e la conferma arriva dagli ultimi dati, che indicano come la moda sostenibile sia in enorme crescita, al contrario di quella tradizionale, giudicata la seconda industria più inquinante del mondo dopo quella petrolifera.
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Va ripensato il modello produttivo, che deve essere a impatto zero, ma anche quello distributivo. Tutto questo impone un ritorno ad una economia meno globale e la moda con piccole aziende “local” può fare la differenza. Non casualmente negli ultimi anni è esploso il riciclo, così da recuperare pezzi vintage e un mercato secondario in netto aumento.
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Un cambiamento radicale, infine, riguarda anche le materie utilizzate. La tinteggiatura è ancora molto inquinante, ma iniziano ad emergere piccole maison che hanno scelto colori naturali, provenienti dalla natura, in grado di resistere nel tempo e di garantire qualità: la rivoluzione è partita.
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