La Corte dei Conti è arrivata, nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, a bocciare Quota 100.
La Corte dei Conti è arrivata, nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, a bocciare Quota 100. Sarebbe meglio fare ritorno alla riforma pensioni della Fornero. “Dopo l’intervento derogatorio rappresentato da Quota 100 è importante che si riaffermi la centralità della legge 214/2011″, scrive la Corte dei Conti così che il quadro normativo riguardo le pensioni possa ritrovare i suoi caratteri di certezza che lo hanno connotato fino al 2019. Inoltre, è necessario che gli istituti di deroga esistenti, tra cui l’Ape sociale, si facciano carico della gestione di situazioni mirate in seguito alla crisi innescata dalla pandemia. “Vanno riaffermate prospettive di equilibrio del settore, anche per garantire condizioni di equità intergenerazionale in un contesto in cui la spesa sociale complessiva sarà messa sotto pressione non solo dall’ageing, ma anche dall’auspicabile costruzione di un rinnovato sistema di ammortizzatori sociali”, si legge nel rapporto della Corte.
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In seguito alla pandemia, la componente pensionistica ha consolidato il suo tasso di crescita intorno al 2 e mezzo per cento nominale. Ma i dati fanno luce anche sull’andamento delle integrazioni salariali che nel 2020 sono state di 14,5 miliardi nel 2020, a seguito dei noti interventi disposti a più riprese. A registrare un evidente tasso di crescita pronunciato è stata la pesa per indennità di disoccupazione, cresciuta di oltre 1 miliardo e dell’8,6 per cento; indennità di malattia, per infortuni e maternità arrivati a circa 9,5 miliardi, con un incremento del 19 per cento.
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Il quadro sulle pensioni
Trovano poi conferma alcuni aspetti noti delle politiche di protezione sociale in Italia:
- forte incidenza degli esborsi per pensioni rispetto alla spesa previdenziale totale;
- l’attenuazione della crescita dopo gli interventi con la legge 214/2011 e la successiva ripresa nel 2019;
- l’andamento ciclico dell’incidenza della spesa pensionistica sulla spesa primaria corrente, con fasi di rapida discesa e risalita.
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Nello specifico, mentre le pensioni di vecchiaia rallentano per l’adeguamento a 67 anni del requisito di accesso, quelle anticipate registrano gli effetti di Quota 100. Nel 2020 è visibile sia l’elevato rimbalzo del numero di nuove pensioni di vecchiaia (+60 per cento), sia la conferma della quota raggiunta nel 2019 per il numero di pensioni anticipate. D’altra parte, il minor numero di pensioni di invalidità si associa alle difficoltà amministrative per l’accertamento dello stato di invalidità. L’aumento delle pensioni ai superstiti è invece correlato all’aumento del tasso di mortalità determinato dalla pandemia.
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E quota 100?
I lavoratori prossimi al raggiungimento del requisito ordinario di pensionamento anticipato sembrano quelli più propensi a optare per Quota 100, con i conseguenti riflessi in termini di minor carico sulla spesa. A fronte di un anticipo che può arrivare a 4 anni e 8 mesi, i dati effettivi indicano che per i due terzi degli interessati esso si riduce a meno di due anni in virtù dell’elevata anzianità di servizio posseduta. Si tende ad andare in quiescenza con un’anzianità di servizio ormai prossima a quella richiesta fino a tutto il 2026, per accedere al pensionamento anticipato ordinario.